Sto vivendo una fascia di condizioni in cui io esisto, ci sono, opero, sogno, progetto, faccio… ho dei confini ben precisi. Al di sotto di quei confini è stordimento, pesantezza, quasi oscurità. Resta solo preghiera, attesa, rassegnazione, accettazione. Un po’ più sotto ancora, vuol dire il niente. Non sono proprio fatta per la malattia. Mi ci rigiro dentro come nelle sabbie mobili. Mi sembrava perfino di non essere mai esistita, o di non esserci del tutto. Ho provato perfino ad offrire il mio disagio per qualche nobile motivo, per qualche persona che sta male – come mi avevano insegnato a catechismo, da piccola e come so che sanno fare i buoni. Non ne ho tirato fuori proprio niente di consolatorio. Quando ricomincia a rispuntare la speranza , rispunta anche il sorriso. E piano, la gioia per la salute che ritornerà, andrà a finire in colore. Insomma ho voglia di ritornare a navigare, veleggiando verso la mia isola.