Eccola che arriva la notizia brutta. È morta una cara amica. La brutta malattia.
Gli occhi si allargano sbarrati, come per vedere, oltre le forme usuali della vita, semmai si capisca qualcosa. Il cuore ha voglia di piangere.
L’idea di un dio insensibile al nostro sgomento perché si muore è bruttissima. Resta tuttavia nell’elenco delle cose pensabili. Un brivido attraversa il corpo, da capo a piedi.
La parola vien meno. Tu capisci che il tuo continuo parlare è per tenere a bada domande e ipotesi terrorizzanti. Ah, se potessi scorrere tra una cosa e l’altra, per tutto il tempo, senza che mai mi sfiorasse il pensiero che si muore!
Che triste quest’idea di una vita che sembra non farcela contro la morte. Che sembra condannata ad essere una passione inutile.
Beati quelli che credono senza esitazione che la morte è già vinta dall’amore!
Ma io?
Ma ecco il mio umore muta. Curiosamente sento avanzare dentro di me come una spinta dignitosa, che mi raddrizza la schiena e distende il mio volto. Ed ecco che, all’improvviso, capisco che sono in grado di sorridere. Di sorridere a questo evento che sta in fondo alla mia strada.
Sorriderò per prima alla nera signora che si aggira tra i vicoli delle case. La guarderò negli occhi e le sorriderò, per prima. Sì, per prima.
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