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Intelligenza

Amo l’intelligenza che sa evocare energie, che sa eccitare la mente, sollecitarla a mettere al mondo cose che prima non c’erano, a rinnovare la vitalità bambina, curiosa, intraprendente, capace di gioire del suo lavoro, sempre di nuovo, ogni mattina.      
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Energie cosmichre

Lla parte in ombra del prato assorbe gli inquieti umori del tempo.

Valentino

Che Valentino fosse bello, sprigionasse fascino e magia, non è neanche il caso di ricordarlo.
 Se si può dire in questo modo, me ne innamorai a prima vista.  Lo vidi al raduno di ippica di un club dove ero andata un po’ a casaccio, per prendere immagini.
 Me ne “innamorai” nel senso largo della parola, voglio dire che vederlo mi affascinava, tendevo a seguirlo con lo sguardo e a muovermi nella sua stessa traiettoria, quasi sperando di incrociarlo e che capitasse qualcosa che mi consentisse di rivolgergli la parola e di avviare una conversazione. E di fatto capitò. Era vicino a un cavallo – lo seppi in seguito che era suo. Era di traverso, lungo la strada e io andavo in quella direzione – come ho già detto. Ma non sapevo cosa fare. 
Ci pensò il cavallo. Che, curiosamente, mosse il muso verso di me in maniera insolita, e sembrava intenzionato a seguirmi. Era una situazione imprevista, non facile da gestire. In qualche modo io desideravo che fosse l’occasione per avviare un discorso, ma n

Talvolta, in montagna.

A volte, in montagna, lo scenario ti riempie talmente gli occhi che ti rendi conto di non vedere quasi niente. Guardi e basta. A bocca aperta.    

Lo slancio

Da bambina Al mare 
La sabbia 
 Il sole
 E tanto tempo per giocare    

Energie di profondità (divampare)

Tarda mattinata, aria leggera, sapore di iodio, barche all’orizzonte. Le voci tacciono per un momento. La musica del mare, qualche rumore dall’entroterra, lontano.  Gli scienziati non sanno a cosa possa servire la coscienza, le sensazioni, i sentimenti, ai fini dell’evoluzione naturale. Noi sappiamo di aver bisogno di vedere come in uno specchio cosa stiamo facendo, e cosa desideriamo. E abbiamo bisogno di trattare con le parole e con l’immaginazione lo schermo grazie al quale navighiamo nell’universo dell’essere.

Il futuro mi accende

Essere qui, nel presente, e bruciarlo come legno da ardere, per fare luce nel veleggiare verso Itaca. Vado verso Itaca – oh la mia Itaca! – e intanto esploro il mondo e gli eventi.
Dio! Non finirò mai di meravigliarmi.  E prego il cielo che questo continui per sempre…  

Con le mani in tasca

 Capita di osservare la propria vita e di dire che non è poi granché. Che non si è raggiunta nessuna delle nostre aspettative. Che sembra quasi di passare sulla terra, di attraversare il tempo, senza fare alcuna differenza.
Chi si ricorderà di te quando morirai?
A quanti oggi importa che tu ci sia ? E ti può prendere quella angoscia dilagante che è il sapore amaro dell’ inutilità. E che, diventando rassegnazione, introduce per l’inclinata strada grigia di un’esistenza senza sapore. Chi di noi non ha vissuto più volte questa situazione? E sappiamo anche che c’è una reazione sana, a partire da qui.
 Una decisione rimette in cammino, e nasce nuovamente la voglia di vivere. Una scossa che immette in un'altra dimensione. Dove le cose ritrovano l’innocenza dell’erba bambina. E si ricomincia a pensare a ciò che si vuole, abbandonando l’abitudine ad avere sempre in testa solo ciò che non si vuole. E ci si concentra sull’immaginare la realtà in cui saremo a tutto tondo. Scrollando le spalle

Il desiderio accartocciato

Spesso, al risveglio, il nucleo desiderante di me, che è la voce segreta a cui mi rivolgo per tracciare la rotta della giornata, mi appare come una entità accartocciata, appallottolata, rincantucciata nel sottoscala. Sento la sua urgenza, ma è troppo rannicchiato perché io possa leggere un’indicazione chiara, da cui trarre spunto per l’operosità della giornata. E allora, l’esigenza prima è quella di parlare un po’ con lui, di convincerlo a distendersi, a svelarsi e rivelarmi. Perché troppo spesso mi comporto come quella che ha delle cose da fare, già annotate in agenda. Mentre ho bisogno di ritrovare non un compito prescritto ma la voce viva della vita, a cui rispondere con emozione. E stamani, mentre trafficavo pacatamente con questa faccenda, mi è venuta in mente l’idea molto suggestiva che quelle che considero le mie opere, di fatto sono i frutti di tutto un contesto che potrei chiamare il mio orto. L’ambiente in cui lavoro, gli strumenti, le cose che mi sostengono e

Entrata casuale

Gli eventi imprevisti, l’entrata casuale, rappresentano la fonte principale delle nuove idee e dei nuovi stimoli. Girare a caso, esporsi a un flusso un po’ caotico di stimoli e informazioni, può rivelarsi più utile che strizzare l’intestino per fedeltà a un metodo rigido e costrittivo.