Attraversata dal tempo, sento l’immensità di un mondo cui non posso volgere lo sguardo senza inciampare nella meraviglia. Ed io che sono?, mi domando, e subito fuggo via dall’abisso di un simile quesito e mi piego, rapita, sul tarassaco dentato, che conosco, sulla piantagine maggiore, che allarga le sue vele generose e sul luppolo che tenero si arrampica tra i rami di un bosso rigoglioso. Errante in questo sogno antico, invento le mie favole, a piacere, con l’aiuto benevolo e garbato di una piccola matita.