E il sorriso riconquista il cuore. E gli occhi corrono a scrutare il cielo. E le mani si rimettono in moto. E tutto si presenta davanti la porta. E c’è vento in casa…
In quei giorni io mi ritrovavo a fantasticare a lungo – soprattutto durante le mie camminate in campagna – di essere su un camper, a girare il mondo. Nomade, non restavo a lungo nello stesso posto, e osservavo la vita – la stessa vita – con l’occhio del nomade che non mette radici in qualche posto specifico e che s’illude di poter estendere la conoscenza dell’essere estendendo lo spazio percorso, lasciando entrare negli occhi le differenze e le sorprese del viaggio. A volte stazionavo lungo la costa, altre volte ero sulle montagne, in prossimità di qualche valico alpino. Oppure nel grande parco che costeggia il Lago di Ginevra, o sulle alture da cui, provenendo dai Pirenei, avvisti Figueres, o lungo il Danubio alle porte di Regensburg… Durante il viaggio mi lasciavo invadere dalle immagini, assorbivo il panorama, la meteorologia. La sera mi fermavo a mangiare in qualche posto caratteristico, cucina locale, e attaccavo bottone con chiunque. Immaginavo che lo spostamento del nomade e