Sento di essere piuttosto limitata. Ritrovo la fiducia nel come vanno le cose per conto loro. Lo so che è solo per recuperare un po’ d’energia. E che, dopo, ritornerò a spingere sull’acceleratore.
Ma tutto va in fretta oggi. Le cose si devono intuire a fiuto. M’illudo sempre di trovare dentro di me un luogo fermo, dove stare, mentre gli occhi, le mani, il sentire, sfrecciano tra gli eventi in corsa. Una sorta di paradosso: ferma e rapida al contempo! Sento però che questo è il nostro mondo. Poco da fare. E il piacere di essere persona tra le persone del mio tempo è irrinunciabile.
Alla fine dei conti, sono una viaggiatrice. E una narrattrice di viaggi. In questo nostro mondo, oggi.
Penso al paradossale destino dell’uomo, questo essere effimero capace di creare cose che durano più di lui.
E penso che forse è un segno, questo, della sua vocazione a lavorare per la vita, oltre i propri recinti personali. E immagino che di qui derivi quella intensa soddisfazione che l'individuo prova quando allarga i rami del suo frutteto oltre la cinta dell’orto. Quando il suo albero produce frutti in abbondanza per chiunque passi sotto e ne voglia.
E penso che la vita sembra non vada a economia, non faccia i conti all'osso, e che butti a miglioni quando serve solo uno. E che il di più non è spreco ma abbondanza.
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