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Visualizzazione dei post da agosto, 2024

Le regole del palcoscenico

Che la nostra vita vera sia Altrove?
 E che non facciamo che andar per mare alla ricerca della nostra Itaca? 
E che i nostri gesti creativi non siano che riti di preghiera? Caro Alberto, troppo stanca per guardare in faccia queste cose.
 Proverò a morire un po’, questa notte, per rinascere al sole del mattino.      

Una ragazzina

Sai, quando ti lasci andare? 
Voglio dire, un pomeriggio, stesa su un prato. Quello stare lì, in ascolto delle voci della vita. E la mente vaga senza costrizioni. Senza nessuno cui dover dire qualcosa. Qualcuno che tu sai che si aspetta da te qualcosa… Ti sembra tutto una sorta di sogno. Forse lo è. E ti sembra strano che tu sia al mondo. Voglio dire, che tu ci sia. Che tu sia qualcosa di visibile, quel tu che dici: io. Ti sembra perfino di non esserci, e che ci sia solo quello che appare nello film. E che tu, semplicemente, ti domandi: che è? E compaiono  quelle domande di cui non capisci neanche il significato, del tipo: chi sono? E che succede? La meraviglia, e basta. Lo stupore. E anche un senso struggente di malinconia. Come se tu, semplicemente, facessi solo capolino in quella cosa che chiamiamo vita. E ti ostini lo stesso a parlare e a provarci. A provarci nel dire: io sono questo e faccio quest’altro. E cerchi di raggrumarti in qualcosa che sia una cosa. In modo da

Spazi

La vita è liquida. Ma liquido non vuol dire solo deriva. Liquido si coniuga anche splendidamente con progetto a vita.  
E l’arte di lasciare non è solo aumentare le discariche. È anche volare fuori da prigioni verso spazi nuovi del possibile. 
   

Risorse di normale follia

Pensavo, durante la camminata, che sono abitata da sogni forti, che mi spingono a camminare anche in un altro senso. E avvertivo la ricchezza di questo fatto. Insomma sentivo quanto era bello essere viva, con dei desideri da realizzare e la voglia di farlo. Questo rendeva la mia vita una bella avventura. Ed ero io a inventarla. Sentivo forte il potere dell’immaginazione che anticipa le cose creando un proprio mondo. E immaginavo che fosse come creare una rete da gettare nell’oceano della realtà, con l’intenzione di una pesca abbondante. Il mio mondo non è il mondo, ma serve per pescare nel mondo.      

Che ci sto a fare?

  Giro per  la città e guardandomi attorno, mi domando:  dove sto andando? e che sta capitando? Sorpresa, una sorta di meraviglia. Non mi sono ancora abituata al fatto che sono viva. Incontro Sandro, in Lungadige San Giorgio, e mi rattrista vederlo sofferente. Vengo a sapere che è per pene d’amore. Una storia che si trascina altalenandosi. E la domanda affiora: dove va la vita? Cosa stiamo facendo? In tangenziale sono a bocca aperta davanti ai campi che costeggiano la linea d’asfalto, alla linea ferroviaria, alla velocità del mio automezzo… Penso al progresso, alla medicina, alla storia umana. Mi viene in testa l’aria delle Quattro Stagioni di Vivaldi, e la domanda ritorna: dove stiamo andando? Cosa ho da fare? Penso agli uomini, agli amori, al teatro, ai libri che mi hanno nutrito, alle camminate tra le colline, al respiro consapevole, alla mia infanzia in montagna, al mercato la domenica mattina, alla cena di classe, alla malattia, alla salute… mi vengono in mente tutti i sogni, anzi

Bellezza e fragilità

Uno scenario da sogno – pensavo. Qui i sogni sciolgono i lacci che li trattengono. Sviluppano la dimensione piena della loro grandezza. Volano col vento.     

 In fondo è continuare a giocare

Si può stupire, si può rasserenare, si può anche scuotere, pungolare… ma la vera provocazione sta nel paradosso che una donna adulta voglia continuare a giocare come una bambina e incantarsi. 
E poi c’è questo pensare per immagini, questo saltare di palo in frasca, che miete idee e prospettive capaci di rinnovare l’orizzonte. Questo riuscire a sciacquarsi l’anima ogni mattino e conservare lo sguardo della meraviglia.  
Ho nel desiderio e nei sogni la mia bussola. Mi adopro per allinearmi con essi. E quando il desiderio si accende, al risveglio, la giornata che mi viene incontro è un regalo, un’opportunità, una fortuna, un’occasione…      

L’incanto

Torno giù, negli scenari quotidiani della mia avventura.
 Ma dentro la testa conservo l’incanto.    

Immaginando Margherita

Con la sua bella abbronzatura riportata dalle vacanze, Margherita sul balcone. Basta lasciarci cadere gli occhi sopra per capire che Margherita adora i colori. L’ombrellone rosso fuoco, la pianta dai fiori gialli il gatto tigrato, i panni della bambina… E lei me lo conferma con vivacità e aggiunge che sta bene con persone dal carattere ben definito ed energico, che non le piacciono gli smorti.     

Espedienti meditativi di Peter Panite

Loris mi chiede di indicargli quali sono i miei più efficaci espedienti meditativi per coltivare la sindrome di Peter Pan e ricollegarmi al flusso vitale. Lo accontento volentieri.
 Sono tutte pratiche che svolgo, in successione casuale, al mattino al parco. Eccole elencate qui di seguito. Sgranchirsi le ossa fin tanto che ti rendi conto che la tua anima ci si era addormentata dentro. Bere a pieni polmoni l’aria fresca appena eccitata dalla carezza del sole. Contemplare fugacemente la rugiada sul piccolo trifoglio toccato dalla prima luce solare. Esultare. Sgambettare. Inneggiare con trasporto al Dio dell’erba bambina. Tendere e rilasciare con energia i glutei ad ogni passo. Sculettare un po’ sotto l'albero grande. E procedere con fare spastico, in pieno sole, per almeno due minuti. Inseguire con convinzione la propria ombra per un po’ di tempo. Poi scappare dalla propria ombra, sempre con molta convinzione. Concludere camminando un po’ a fianco della propria ombra, come vecchi ami

Un castello per sognare

Un castello per sognare? Il mondo delle fiabe della fantasia bambina? Evadere? O semplicemente rigenerare le energie per ritornare al lavoro quotidiano con rinnovata innocenza? Forse solo una libera associazione dell’inconscio…               

Le parole

Comunque la cosa era interessante. Mi piaceva esserci e non facevo tante domande. Però per dirlo a parole, erano le parole inventate prima di me e usate da altri che mi si imponevano. All’inizio, non volevo imparare a parlare. Mi sembrava una forzatura. Una violenza. Io – fosse stato per me – avrei continuato a vivere senza parlare. Solo facendo e sentendo. In silenzio. C’era bisogno di dirlo? La gente però parlava e sapevo che avrei dovuto imparare a parlare anch’io. Un giorno mi ci son messa d’impegno e ho incominciato a imparare le parole. Le parole sono grandi. Hanno un potere fantastico. Poi sono veramente tante. E combinate insieme possono fare frasi spettacolari. E possono perfino ottenere dei risultati, vale a dire, creare le cose che dicono. Sono diventata presto brava con le parole. E ho anche imparato a fingere, dicendo con le parole cose che non erano, soprattutto se riguardavano me. Mi sono anche accorta che raccontando parole-bugie agli altri riuscivo perfino a ingannare

Le luci della notte

Il cielo ieri era pieno di stelle. Annuncio di una bella giornata. Sono uscita  per la mia camminata. Ho trovato un nuovo bosco, silenzioso e bellissimo.
 Un senso di gratitudine meravigliata.    

La compagnia

All’inizio di Guerra e pace, Tolstoj fa dire a uno dei suoi personaggi che “niente è utile a un giovane quanto la compagnia di una donna intelligente”. 
 Vale anche per chi è avanti con gli anni.    

Battere il tamburo

Questo scrivere. Questo lo faccio volentieri. Scrivere è l’unico modo di suonare che mi viene bene. Conosco il ritmo piacevole delle dita che battono sui tasti. Potrei trasformare in versi gli spiriti che salgono dal cuore. Provare il piacere di stendere in parole nere sul bianco schermo del monitor queste entità meravigliose che chiamiamo pensieri. Questo mi è di conforto, oggi, che ogni ambizione sembra essere uscita dalla mia casa, senza che si possa prevedere il suo rientro. Alcuni hanno preso un cane per fronteggiare in compagnia di affetti questi momenti di abbandono. Li capisco per bene. Ma non fa per me, questa strada di calore e di fiducia. 
La scrittura invece, anche nelle angustie del cuore, mi dà conforto. Perché sento che questo è il mio segreto, la mia risorsa. Un amico mi scrive alludendo al fatto che io ragiono molto ma, forse, penso poco. Che, insomma, penso molto meno di quanto ragioni, o chiacchieri. E, forse, è nel giusto, forse vede dentro di me meglio di quanto ri