Penso al paradossale destino dell’uomo, questo essere effimero capace di creare cose che durano più di lui.
E penso che forse è un segno, questo, della sua vocazione a lavorare per la vita, oltre i propri recinti personali. E immagino che di qui derivi quella intensa soddisfazione che l'individuo prova quando allarga i rami del suo frutteto oltre la cinta dell’orto. Quando il suo albero produce frutti in abbondanza per chiunque passi sotto e ne voglia.
E penso che la vita sembra non vada a economia, non faccia i conti all'osso, e che butti a miglioni quando serve solo uno. E che il di più non è spreco ma abbondanza.
Se non fossimo una parte dell'anima, per quanto piccola e forse insignificante, che senso avremmo? E forse che senso avrebbe il mondo?
RispondiEliminaDi chi sono questi occhi che ti rendono viva?
RispondiEliminahissa a cosa stai pensando, sembri molto pensierosa!
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