A volte la finestra è l’apparizione del fuori, delle avventure possibili, del mondo in grande.
Una finestra dice che non c’è solo il dentro. Una finestra parla del tutto. Dice che la geografia della vita è il tutto.
La finestra è per me il simbolo del pensare. Il pensare è una finestra sul fuori. Sull’altro e sull’altrove. In questo senso è la cifra della libertà di muoversi e di cambiare.
Se la finestra è bella allora essa è anche il simbolo della pace tra il prima e il dopo, tra quello che lasci alle spalle e ciò cui vai incontro. Voglio dire, che se anche hai lasciato o sei stato lasciato, se hai rotto o qualcosa si è rotto, una bella finestra dice che è tutto a posto, è tutto in pace, alla fine dei conti.
Una finestra apre sul muro una via d’uscita.
A volte è opportuno cercare la propria finestra. La finestra nella situazione. Da questo punto di vista le finestre si aprono anche dove uno meno se lo aspetta. Importante identificarle. Una finestra è una via d’uscita da limiti cui soggiacciamo senza neanche rendercene conto.
Ci sono dei punti nel nostro recinto in cui è necessario a un certo punto aprire una finestra. Buttando giù un pezzo di muro. Altrimenti non si esce. Non si riesce a pensare in grande, davvero.
Penso al paradossale destino dell’uomo, questo essere effimero capace di creare cose che durano più di lui.
E penso che forse è un segno, questo, della sua vocazione a lavorare per la vita, oltre i propri recinti personali. E immagino che di qui derivi quella intensa soddisfazione che l'individuo prova quando allarga i rami del suo frutteto oltre la cinta dell’orto. Quando il suo albero produce frutti in abbondanza per chiunque passi sotto e ne voglia.
E penso che la vita sembra non vada a economia, non faccia i conti all'osso, e che butti a miglioni quando serve solo uno. E che il di più non è spreco ma abbondanza.
Un dentro e un fuori, ma soprattutto un continuum. Deliziosa davvero
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