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Giochi d'amore

Beh, loro due si erano scambiati ormai diversi discorsi eccitanti in cui si esploravano intimamente. Facevano forse l’amore, a quel modo. In ogni caso si rivelavano a vicenda le loro fantasie. L’eccitazione era sempre molto forte. E poi ci ritornavano sopra e facevano le loro considerazioni su quando stava avvenendo. 



Era sempre intrigante provare a dire ciò che un attimo prima ci si vergognava di dire. Era come mettersi a nudo. Letteralmente, spogliarsi non solo dei vestiti, ma di tutte le strutture mentali che suggerivano di essere secondo un certo modo ideale, solo perché ci si immagina che gli altri ci accettino più facilmente. 



Ora era diverso. Si giocava a lasciare cadere queste preoccupazioni e a imboccare la strada del “ti mostro come sono esattamente. Lo faccio con gradualità e andrò fino in fondo. Tu mi rimandi la tua reazione, vale a dire m’incoraggi col tuo desiderio di sapere e vedere. E vediamo dove ci porta questo gioco. Perché, alla fine, è proprio questo che vogliamo: essere amati per quello che siamo davvero”. 



Questa strada portava a sopassalti emotivi, intriganti tafferugli del cuore, spianate rocambolesche della coscienza. Era un itinerario vivace, succuleto e istruttivo. Ma tutto, alla fine, trovava espressione in parole chiare, convincenti ed emozionanti. E, soprattutto, si aveva l'impressione che l'altro ci accettasse. 



Eravamo vivi, sulla faccia della terra. E l'avventura umana era la cosa più bella che ci fosse stata regalata. Il senso di gratitudine era identico alla gioia che provavamo. 

Volevamo parole in abondanza per dire tutto questo. 



Era il sole del mattino sui campi. Vicino al canale, scendendo giù per la strada sterrata, che costeggia gli agriturismi e finisce in fondo, quasi ai piedi dell'abitato. 







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