Penso al paradossale destino dell’uomo, questo essere effimero capace di creare cose che durano più di lui.
E penso che forse è un segno, questo, della sua vocazione a lavorare per la vita, oltre i propri recinti personali. E immagino che di qui derivi quella intensa soddisfazione che l'individuo prova quando allarga i rami del suo frutteto oltre la cinta dell’orto. Quando il suo albero produce frutti in abbondanza per chiunque passi sotto e ne voglia.
E penso che la vita sembra non vada a economia, non faccia i conti all'osso, e che butti a miglioni quando serve solo uno. E che il di più non è spreco ma abbondanza.
E vivere, riassumendo vivere a pieno (o almeno tentare, che non è sempre facile)
RispondiEliminaCome scrisse qualcuno da qualche parte... L'esperienza più importante della mia vita? Sono nato! La cosa più importante che faccio? Vivo!
RispondiEliminaCiao miticaaaaaa!!
RispondiEliminama il cielo è sempre più blu!
RispondiEliminache voglia di prendere un aereo!
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