Molte persone non sopportano di essere intruppati in qualche
organizzazione di lavoro. Devono vivere libere e solitarie perché, pur
amando la vita e il mondo, non possono appartenere più di tanto agli
ordini esistenti né seguirne pienamente le regole. Se si domanda cosa
abbiano da offrire a una società cui sono restii ad appartenere troppo,
vi è una sola risposta coerente: il profumo della loro vita
indipendente, libera. E in questa distanza che prendono dal
mondo c'è la prospettiva entro cui le cose mondane ridimensionano le
loro pretese, rientrando in confini più adeguati.
Penso al paradossale destino dell’uomo, questo essere effimero capace di creare cose che durano più di lui.
E penso che forse è un segno, questo, della sua vocazione a lavorare per la vita, oltre i propri recinti personali. E immagino che di qui derivi quella intensa soddisfazione che l'individuo prova quando allarga i rami del suo frutteto oltre la cinta dell’orto. Quando il suo albero produce frutti in abbondanza per chiunque passi sotto e ne voglia.
E penso che la vita sembra non vada a economia, non faccia i conti all'osso, e che butti a miglioni quando serve solo uno. E che il di più non è spreco ma abbondanza.
A volte queste scelte solitarie avvenute nel più assoluto silenzio possono diventare la visione normale delle generazioni future.
RispondiEliminasempre sul pezzo e bellissima!
RispondiEliminaPerfetto!
RispondiEliminaCiao! Sei a Mondello?
RispondiEliminasono foto d'archivio?? altrimenti dimmi dubito dove sei che ti raggiungo! ahah sembra cosi caldo!
RispondiEliminaIl vero problema è avere la stoffa. In questo caso o in modo solitario o intruppati comunque si dà la pista a tutti.
RispondiEliminaL'importante è essere un vero numero 1. Quelli che si atteggiano a capi capiscono che hanno inesorabilmente le ore contate.