Tabacco Dunhill Mixture 965. Vedo scritto in grassetto su metà della
scatoletta: il fumo uccide. Limitativo. Davvero troppo limitativo. È un
po’ che penso: che cosa mi sta uccidendo? Il fumo!? Sorrido: mi piace
sorridere alla sorte e la sorte sorride a me. Sì, perché la sorte
sorride sempre, è il suo mestiere, soprattutto quella cattiva. Parliamo
un sacco insieme, io e la sorte. Soprattutto di ciò che non siamo mai
stati e delle scelte mai fatte. E ce ne sarebbe da discutere perché
tutto è così indimostrabile.
Premo con il palmo della mano e giro la latta fredda in senso antiorario. Lentamente. Accosto il naso: aspiro. Odore di tabacco: odore di terra, della giacca di mio nonno, di circolo arci anni ottanta, di partite a briscola, di imprecazioni venete, di pugni sui tavoli, di vita che passa, di ricordi che vanno in fumo, salgono, salgono e poi spariscono evanescenti. Carico il fornetto: strati di tabacco sempre più compressi, dal basso verso l’alto. Prendo un fiammifero ed accendo. Il tabacco si alza arricciandosi. Lo comprimo e riaccendo. Adesso sì che ci siamo.
Non sono un fumatore abituale di pipa…le mie serate fumose sono sporadiche, le mie cose e azioni fumose invece sono frequenti e non fumo neppure sigarette. Trovo che la pipa sia l’opposto della sigaretta che mi fa pensare alla nevrosi, alla compulsione, alla fretta, alle fughe fuori dai ristoranti in fredde serate di inverno – anche se ogni tanto si fanno pure conoscenze interessanti… la pipa – più che un oggetto è un concetto - è lentezza, meditazione, calore… una lentezza densa, solida, che si spacca con il coltello, di cui si sente la sostanza.
La pipa va trattata un po’ come una donna, aspirarla e respirarla piano ma senza lasciarla troppo a sé stessa, altrimenti si spegne, il senso del possesso va esercitato con stile, ci vuole una certa partecipazione ma senza eccessi, una certa sensibilità ma senza eccessive smancerie, una capacità di trasmettere tensione costante con qualche picco nei momenti giusti. Nonostante tutto immancabilmente prima della fine si spegne, è quasi inevitabile, ma non è né una tragedia, né indizio di incapacità, e poi non solo la pipa si spegne, ma almeno questa si può riaccendere. E allora occorre un altro fiammifero. ZAC: un’aspirazione decisa e poi tutto va avanti da solo, il tabacco brucia, una piccola e tonda rassicurante brace arde nel fornetto, abbasso la luce e tutto il resto si può immaginare.
Premo con il palmo della mano e giro la latta fredda in senso antiorario. Lentamente. Accosto il naso: aspiro. Odore di tabacco: odore di terra, della giacca di mio nonno, di circolo arci anni ottanta, di partite a briscola, di imprecazioni venete, di pugni sui tavoli, di vita che passa, di ricordi che vanno in fumo, salgono, salgono e poi spariscono evanescenti. Carico il fornetto: strati di tabacco sempre più compressi, dal basso verso l’alto. Prendo un fiammifero ed accendo. Il tabacco si alza arricciandosi. Lo comprimo e riaccendo. Adesso sì che ci siamo.
Non sono un fumatore abituale di pipa…le mie serate fumose sono sporadiche, le mie cose e azioni fumose invece sono frequenti e non fumo neppure sigarette. Trovo che la pipa sia l’opposto della sigaretta che mi fa pensare alla nevrosi, alla compulsione, alla fretta, alle fughe fuori dai ristoranti in fredde serate di inverno – anche se ogni tanto si fanno pure conoscenze interessanti… la pipa – più che un oggetto è un concetto - è lentezza, meditazione, calore… una lentezza densa, solida, che si spacca con il coltello, di cui si sente la sostanza.
La pipa va trattata un po’ come una donna, aspirarla e respirarla piano ma senza lasciarla troppo a sé stessa, altrimenti si spegne, il senso del possesso va esercitato con stile, ci vuole una certa partecipazione ma senza eccessi, una certa sensibilità ma senza eccessive smancerie, una capacità di trasmettere tensione costante con qualche picco nei momenti giusti. Nonostante tutto immancabilmente prima della fine si spegne, è quasi inevitabile, ma non è né una tragedia, né indizio di incapacità, e poi non solo la pipa si spegne, ma almeno questa si può riaccendere. E allora occorre un altro fiammifero. ZAC: un’aspirazione decisa e poi tutto va avanti da solo, il tabacco brucia, una piccola e tonda rassicurante brace arde nel fornetto, abbasso la luce e tutto il resto si può immaginare.
Bellissimo, belle atmosfere.
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