Negli ultimi tempi per combattere la mia insonnia ne ho provate di tutti
i colori: dal pensarmi morta vegliata da piangenti comari fino alle più
svariate ed improbabili tecniche di training autogeno. Tentativi vani e
fallimentari: se corpo e mente non sono accordati sulla stessa
lunghezza d’onda dormire non è affatto facile. Almeno fino a quando non
ho scoperto lui, Johann Sebastian Bach. Da almeno due settimane ogni
sera non posso ormai più fare a meno di ascoltare le sue Variazioni
Goldberg suonate al piano da Glenn Gould.
Le mie sincopi mentali, le asimmetrie dei miei pensieri, le geometrie sghembe dei miei flussi di coscienza, gli spigoli dei ricordi che affiorano nel silenzio, l’intricato gomitolo della memoria vengono come equilibrati, risolti, traslati, regolarizzati, smussati, limati, dipanati… e attraverso le note entrano in me solerti geometri, abili carpentieri, instancabili muratori, competenti architetti che mettono ordine nelle mie stanze, o almeno così mi sembra di credere.
La perfezione formale e strutturale, quasi algebrica, le geometrie speculari delle Variazioni Goldberg, per una strana ed incomprensibile forma di osmosi, è come se riuscissero a trasmettermi quella calma e quel vuoto necessari all’abbandono ed io mi lascio cadere tra arpeggi, appoggiature, trilli, artifici ritmici, fughe, linee melodiche che si rincorrono, si allontanano e poi tornano ad avvicinarsi, fino a sparire, sprofondare e infine riemergere.
Il mio corpo è la melodia, la linea di basso la mia anima e nota-contro-nota si avvinghiano dando luogo ad un’unica entità che non è mai possibile separare totalmente. Talvolta prevale il corpo, altre l’anima, come se l’uno si piegasse all’altra e viceversa, come se lottassero e cercassero reciprocamente di affermarsi, di farsi spazio in un eterno, circolare ed altalenante moto perpetuo.
E dove il piano non arriva ad esprimere ciò che Bach intendeva esprimere, i sospiri ed il canto gutturale e disarticolato di Glenn Gould sprofondato nella sua sedia fanno il resto. Così impercettibilmente ogni suono dentro di me diventa specchio di un onirico silenzio.
Le mie sincopi mentali, le asimmetrie dei miei pensieri, le geometrie sghembe dei miei flussi di coscienza, gli spigoli dei ricordi che affiorano nel silenzio, l’intricato gomitolo della memoria vengono come equilibrati, risolti, traslati, regolarizzati, smussati, limati, dipanati… e attraverso le note entrano in me solerti geometri, abili carpentieri, instancabili muratori, competenti architetti che mettono ordine nelle mie stanze, o almeno così mi sembra di credere.
La perfezione formale e strutturale, quasi algebrica, le geometrie speculari delle Variazioni Goldberg, per una strana ed incomprensibile forma di osmosi, è come se riuscissero a trasmettermi quella calma e quel vuoto necessari all’abbandono ed io mi lascio cadere tra arpeggi, appoggiature, trilli, artifici ritmici, fughe, linee melodiche che si rincorrono, si allontanano e poi tornano ad avvicinarsi, fino a sparire, sprofondare e infine riemergere.
Il mio corpo è la melodia, la linea di basso la mia anima e nota-contro-nota si avvinghiano dando luogo ad un’unica entità che non è mai possibile separare totalmente. Talvolta prevale il corpo, altre l’anima, come se l’uno si piegasse all’altra e viceversa, come se lottassero e cercassero reciprocamente di affermarsi, di farsi spazio in un eterno, circolare ed altalenante moto perpetuo.
E dove il piano non arriva ad esprimere ciò che Bach intendeva esprimere, i sospiri ed il canto gutturale e disarticolato di Glenn Gould sprofondato nella sua sedia fanno il resto. Così impercettibilmente ogni suono dentro di me diventa specchio di un onirico silenzio.
Se sei anche musicista però vinci facile
RispondiEliminaLa cosa comincia a diventare imbarazzante sia per chi insiste nell'elogio, sia , penso, per chi lo riceva nuovamente, ma devo complimentarmi anche in questa seconda occasione per la tua bravura nel saper cogliere il tuo flusso di coscienza e poi nel saperlo rappresentare nella scrittura. La prossima volta, se non devo fare commenti, mi limiterò perciò a congratularmi con te solo con la reazione tramite icona, evitando così di essere invadente e ripetitivo.
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