Sono una che ama la scrittura. Mi definisco con le parole. Adoro le parole. Mi piace la parola e il disegno.
Amo la parola e l’immagine fatta a mano, il disegno, la pittura. Amo anche la fotografia, l’inquadratura, quel piccolo tocco che fa di uno scatto un tuo gesto, una tua parola.
Quando abbiamo imparato le parole, alla scuola elementare, gli abbecedari associavano l’immagine alle parole. All’inizio immagine e parola andavano assieme. Questo ci permetteva di vedere le parole.
Io trovo bellissimo quando la scrittura consente di vedere ciò di cui si parla.
In tanti testi che mi capitano tra le mano non mi riesce facile “vedere”. Sento che recuperare questa simbiosi tra immagine e parola è un atto di salute mentale.
Non che la parola debba essere la didascalia dell’immagine o l’immagine l’illustrazione del testo scritto. Si può fare. Ma quello che mi attira è un’altra cosa: è mettere in moto contemporaneamente parola e visione. Osservare, vedere, rendere visibile. Nei testi molto astratti, quando non si riesce a “vedere” si sta male. Molti testi così sono un BLA BLA BLA.
Pensavo queste cose sotto una grande pianta arancione.
Che mi è rimasta in testa. Associavo alle sue foglie, che la ricoprivano in abbondanza, il gioco delle sinapsi del cervello, nella danza del pensiero.
Delle volte ho l’impressione che le cose che faccio siano finite di farsi solo quando riesco a dirle efficacemente. È allora che le vedo come mie, anzi: come me.
Delle volte prendo appunti con un disegno rapido. È un attimo. Quando lo riguardo non finisco di dire a parole quello che ci vedo dentro.
Quando le traccio sull’App che uso per disegnare nell’iPad, le parole stesse sono disegni.
Forse, per uscire dal bla bla bla in cui siamo immersi, cercare di chiarire a noi stessi le cose con il doppio canale della parola e del disegno potrebbe aiutare a vedere chiaro, a prendere decisioni più sane, a tracciare la rotta del nostro percorso in maniera più lucida.
Commenti
Posta un commento