Penso davvero che la vita in sé sia il primo valore, e dunque: essere vivi – ancora. Ma so che questa – vivere – è una parola che funziona da etichetta generica. Dietro ci può stare di tutto. Nel concreto e in senso pregnante – voglio dire: per te e per me – dietro ci stanno i nostri sogni.
Perché vivere significa proprio quello che sogni. Quello che sogni è anche di più di quello che c’è. Anzi, potrei osare di sostenere perfino che quello che c’è c’è per poter desiderare quello che sogni. Per potergli aprire una strada.
Penso al paradossale destino dell’uomo, questo essere effimero capace di creare cose che durano più di lui.
E penso che forse è un segno, questo, della sua vocazione a lavorare per la vita, oltre i propri recinti personali. E immagino che di qui derivi quella intensa soddisfazione che l'individuo prova quando allarga i rami del suo frutteto oltre la cinta dell’orto. Quando il suo albero produce frutti in abbondanza per chiunque passi sotto e ne voglia.
E penso che la vita sembra non vada a economia, non faccia i conti all'osso, e che butti a miglioni quando serve solo uno. E che il di più non è spreco ma abbondanza.
Bello. Il reale serve per dare realtà all'irreale. Bello.
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