La mia giornata è piuttosto piena. Ma ho sempre, alla sera, una sensazione di leggerezza.
Insomma, viaggio, cammino, mi muovo, è come una vacanza. Prendo il sole e l’aria aperta.
Penso
quando cammino. Sono arrivata alla conclusione che camminando si pensa
in maniera diversa. In maniera migliore. Si pensa con tutto il corpo. Il
pensiero si coniuga al respiro e al metabolismo.
Una parte del
pensiero è ascolto del corpo. Il corpo è fantastico nel riconoscere i
pensieri che nutrono. Il corpo mette in circolo sostanze quando la mente
incomincia a volare.
Dal pensare nasce tutto, per me. Nasce tutta la
mia avventura.
Quando rientro a casa tutto sembra già pronto, cucinato.
E non resta che sfornarlo. Metterlo in chiaro, proporlo, farlo
camminare.
Io credo che sto cominciando a vivere, finalmente.
E mi
rendo conto che esiste un mondo parallelo – rispetto alle strade
trafficate, agli stabilimenti e i centri finanziari…
Un mondo piuttosto
popolato. Gente che cerca in primo luogo il senso – non il profitto.
Vedo che ce la fanno a pagare le bollette. E hanno l’impagabile: la gioia di essere al mondo.
Quasi
tutti loro vanno a scuola dalla natura, dalla terra, dai boschi, dalla
coltura della terra. È lì che imparano di nuovo a parlare. È di lì che
traggono lezioni di vita. La frequentazione della natura dà loro nuove
metafore, nuove parole.
Penso al paradossale destino dell’uomo, questo essere effimero capace di creare cose che durano più di lui.
E penso che forse è un segno, questo, della sua vocazione a lavorare per la vita, oltre i propri recinti personali. E immagino che di qui derivi quella intensa soddisfazione che l'individuo prova quando allarga i rami del suo frutteto oltre la cinta dell’orto. Quando il suo albero produce frutti in abbondanza per chiunque passi sotto e ne voglia.
E penso che la vita sembra non vada a economia, non faccia i conti all'osso, e che butti a miglioni quando serve solo uno. E che il di più non è spreco ma abbondanza.
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