Oggi mi sembra che la questione più importante è come vivere la propria vita con quella pienezza che il cuore desidera, e sbarazzarsi di tutte le mistiche che ci hanno guidato in passato e che contengono ancora un elemento di mistificazione, di straniamento, di alienazione.
Di aprire gli occhi un po’ di più. Di seguire la pista che più si avvicina a ciò che siamo e che si rivela nell’ascolto di noi stessi più che dei grandi maestri, filosofi, futurologi.
Lo so che è confortante immaginare che si è sulla frontiera avanzante della storia. Ma infarcire troppo il proprio pensiero di riferimenti a dove va la storia lascia il sospetto che non si sia ancora in grado di fare quello che amiamo fare semplicemente perché amiamo farlo. Perché, facendolo, sperimentiamo la gioia della nostra avventura.
In momenti come questi sento il piacere della grande libertà che possediamo: di non appartenere neanche alla storia. Siamo nutriti e condizionati dalla cultura in cui viviamo, ma ne siamo anche fondamentalmente liberi.
È possibile che il ritorno alla natura, che condividiamo in mille forme con tanti, significhi anche questo. Che le civiltà sono il frutto della creatività umana e forniscono nuovi e più potenti strumenti. Ma non sono la vera madre di ognuno di noi. La vera madre è la Natura. E le potenti forze della natura attraversano da parte a parte la nostra vita civile e vanno oltre. Restituendoci all’avventura della libera creazione.
Penso al paradossale destino dell’uomo, questo essere effimero capace di creare cose che durano più di lui.
E penso che forse è un segno, questo, della sua vocazione a lavorare per la vita, oltre i propri recinti personali. E immagino che di qui derivi quella intensa soddisfazione che l'individuo prova quando allarga i rami del suo frutteto oltre la cinta dell’orto. Quando il suo albero produce frutti in abbondanza per chiunque passi sotto e ne voglia.
E penso che la vita sembra non vada a economia, non faccia i conti all'osso, e che butti a miglioni quando serve solo uno. E che il di più non è spreco ma abbondanza.
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