C’era una volta, lontano lontano, …
La favola realizza un distacco temporaneo dalla realtà contingente, usuale.
Nella favola possono avvenire cose meravigliose e magiche che nella realtà sembrano escluse.
Nella favola il desiderio di realizzazioni meravigliose difficili o impossibili rafforza la sua fede.
Tornando alla realtà dalla favola, la fiducia che i nostri sogni si realizzino davvero è più forte.
Ai bambini (e non solo) piacciono le favole perché il mondo che sognano è un mondo dove i sogni si realizzano.
Nella favola i sogni si realizzano senza il “duro” lavoro che viene predicato nella vita di tutti i giorni.
La favola è una versione della meditazione trascendentale, dove si raggiunge lo stato del puro possibile.
La favola è una critica della realtà: dice che l’esistente non è sufficiente.
La favola è un addestramento alla creazione.
Una volta mi bastava leggere tre quotidiani al giorno per avere la certezza, o quasi, di essere in contatto con la realtà. Oggi è piuttosto diverso. Sono disincantata. C’è tanta televisione, tanto internet, tante immagini. Nell’epoca ingenua le immagini dovevano mostrare la realtà, poi hanno finito per chiarire che mostravano innanzitutto se stesse. E forse è proprio quello che devono fare. Alla fine dobbiamo liberarci dall’idea che le immagini, ma anche le parole, mostrino qualcosa che si chiama realtà. Le nostre parole (e le nostre immagini) non mostrano: costruiscono la nostra realtà. La vecchia “realtà” è diventata “la cosa”. Ed è come se “la cosa” fosse lì, perennemente disponibile a mettersi in posa per noi. Apparentemente sotto la nostra direzione – poi è da vedere. “La cosa” è una miriade di comparse disponibili alla lavorazione del nostro film. Rovesciamento: non viviamo più nel mondo delle cose: tendiamo a vivere nel film costruito da noi. La realtà dunque non è ...
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