La cultura per me è coltivare la natura, in me e là fuori. Qui risiede l’art, quella che cerco di sviluppare e di imparare ogni giorno. Non me ne sto seduta in una visione del mondo più di quanto richieda il desiderio di tenere viva la mia vitalità. Non accetto teorie che deprimono. E ora mi riposo un momento in questo “Giardino d’inverno”.
Penso al paradossale destino dell’uomo, questo essere effimero capace di creare cose che durano più di lui.
E penso che forse è un segno, questo, della sua vocazione a lavorare per la vita, oltre i propri recinti personali. E immagino che di qui derivi quella intensa soddisfazione che l'individuo prova quando allarga i rami del suo frutteto oltre la cinta dell’orto. Quando il suo albero produce frutti in abbondanza per chiunque passi sotto e ne voglia.
E penso che la vita sembra non vada a economia, non faccia i conti all'osso, e che butti a miglioni quando serve solo uno. E che il di più non è spreco ma abbondanza.
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