Tutte le sere li depongo nel cestino accanto al letto – i sogni, per ritrovarli subito, appena sveglia.
Quanto tempo è che sogno? Mi sembra, ora, di aver vissuto solo un giorno, questo giorno che non finisce mai, e che sembra essere sempre solo come l’alba: che il giorno vero debba ancora arrivare.
E non sono neanche tanto sveglia.
Afferro i contorni delle cose come attraverso un vetro opaco.
E tocco la superficie della vita, non il cuore.
E quanto all’appetito, è sempre solo come all’aperitivo.
Alcune persone il sapore intenso della vita ce l’hanno addosso e dentro. Anche quando non lo sanno. E gli innamorati cercano le favole frugando con le dita tra i loro capelli. I poeti fioriscono versi incantati quando fremono d’amore. E che dire dei compositori? I più fortunati di tutti, che dicono in note le loro intense emozioni, senza dover ricorrere al vocabolario e alla sintassi. Innamorati e artisti possono sentirsi tanto vicini al punto X. E probabilmente anche conquistatori, leader e avventurieri…
Quando sento la stanchezza a sera, vedo la grande marcia degli umani verso la meta. E provo una strana nostalgia. Nostalgia di casa, credo.
Domattina, da riposato, sarà tutto uno scattare di guizzi, ma questa sera… che nostalgia!
Penso al paradossale destino dell’uomo, questo essere effimero capace di creare cose che durano più di lui.
E penso che forse è un segno, questo, della sua vocazione a lavorare per la vita, oltre i propri recinti personali. E immagino che di qui derivi quella intensa soddisfazione che l'individuo prova quando allarga i rami del suo frutteto oltre la cinta dell’orto. Quando il suo albero produce frutti in abbondanza per chiunque passi sotto e ne voglia.
E penso che la vita sembra non vada a economia, non faccia i conti all'osso, e che butti a miglioni quando serve solo uno. E che il di più non è spreco ma abbondanza.
Commenti
Posta un commento