Penso al potenziale creativo racchiuso nella vitalità del corpo, che la disciplina usuale del lavoro solitamente esclude, ignora o ricaccia.
Penso a un corpo liberato dal lavoro, libero di incanalare la sua energia vitale all’inseguimento dei sogni.
A queste cose ho pensato e a quelle potenze che la ragione che definisce non riesce ad acchiappare del tutto. Che la coscienza e la brama di sapere non ignora affatto, ma che non riesce a dire se non nei termini di un “non-so-che”, di un “quasi-niente”, e che invece sembrano costituire l’essenziale.
Non per niente il lavoro è una maledizione biblica. E con tutte le cose belle che ho da fare faccio sempre più fatica a trovare il tempo per lavorare...
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