Penso agli uominie, agli amori, al teatro, ai libri che mi hanno nutrito, alle camminate tra le colline, al respiro consapevole, al festivalal castello, al mercato dell'antiquariato, alla cena di classe, alle malattie, al ritorno della salute… mi vengono in mente tutti i sogni, anzi, lo stesso mio sognare, quel vagare, pupille in alto, nell’universo di ciò che ho desiderato, di ciò che ho cercato di identificare nel pozzo profondo del mio desiderio.
Dove va la vita? Che ci sto a fare? Cosa desidero davvero? Cosa è in grado di rendermi pieno, intero, me stesso?
Penso ai giochi cdei bambini, ai lunghi viaggi, alla verve che fluisce nelle cene con gli amici, i bischi solitari Ancora non mi sono abituata al fatto di essere viva. E non è sgomento, ma sorpresa. Una sorta di meraviglia.
Una volta mi bastava leggere tre quotidiani al giorno per avere la certezza, o quasi, di essere in contatto con la realtà. Oggi è piuttosto diverso. Sono disincantata. C’è tanta televisione, tanto internet, tante immagini. Nell’epoca ingenua le immagini dovevano mostrare la realtà, poi hanno finito per chiarire che mostravano innanzitutto se stesse. E forse è proprio quello che devono fare. Alla fine dobbiamo liberarci dall’idea che le immagini, ma anche le parole, mostrino qualcosa che si chiama realtà. Le nostre parole (e le nostre immagini) non mostrano: costruiscono la nostra realtà. La vecchia “realtà” è diventata “la cosa”. Ed è come se “la cosa” fosse lì, perennemente disponibile a mettersi in posa per noi. Apparentemente sotto la nostra direzione – poi è da vedere. “La cosa” è una miriade di comparse disponibili alla lavorazione del nostro film. Rovesciamento: non viviamo più nel mondo delle cose: tendiamo a vivere nel film costruito da noi. La realtà dunque non è ...
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