Un’immagine che mi è divenuta cara a proposito sia dei pensieri con cui
oriento la mia navigazione, sia degli eventi che costellano la mia
avventura è proprio quella di pescare con le mani nel fiume del tempo.
C'è stato un tempo in cui volevo pensare difficile. Ero convinta che si pensasse a
quel modo e partorivo anche dei pensieri
pregevoli, delle connessioni originali.
Era un
po’ lo stesso modo con cui affrontavo la vita in generale. Bisognava
stare in tensione, essere severi e critici, esercitare il sospetto…e
conquistare gli obiettivi.
Ora la mia vita ha conosciuto un
altro modo di pensare, più rilassato. Non dico che sia saggezza. Certo è che godo molto di più nel
pensare.
Mi immagino che i pensieri vengano a me come i pesci che
popolano la corrente del fiume. Vi sono immersa dentro e afferro quello
che mi passa tra le mani.
Ho smesso di essere critica e severa
nei confronti dei pensieri che vengono. Immagino che ogni pensiero abbia
una sua ragione e un suo messaggio. Diciamo, il suo nutrimento.
Li
assaporo più a lungo. Lascio che si distendano, che mostrino tutto
quello che hanno da mostrarmi.
P erché i pensieri sono vivi e hanno una
storia.
Non parlo della storia che hanno avuto nella cultura. Sto
parlando della storia che raccontano raccontando se stessi.
I
pensieri non si esauriscono mai in quel che dicono di primo acchito.
Lasciandoli parlare, vanno avanti. Io dico che si distendono, si
slargano, si dipanano, si svelano.
Seguire – direi: ascoltare – il loro
racconto è piacevole e conduce in geografie mentali popolate da
parentele e connessioni interminabili.
Lascio che sia la
spontaneità del loro movimento a guidare il viaggio. Non impongo loro la
legge della coerenza logica a priori. Sempre si rivelano molto logici, a
posteriori, quando il loro racconto è terminato in un punto, in una
stazione di posta.
Accolgo anche i pensieri che a prima vista
sembrano brutti, negativi, persino mostruosi. Li lascio svolgersi per la
loro strada finché non arrivano ad un approdo gentile.
Spesso mi
fanno fare tutto un percorso emotivo, intimo. Mi fanno passare
attraverso diverse figure della mia vita interiore. Operano delle
trasformazioni. Durante il loro racconto provo sentimenti diversi,
fluidamente collegati tra loro.
Procedo con perseveranza, animata dalla
fiducia che anche questi pensieri hanno una loro verità da mostrarmi.
Qualcosa che mi riguarda personalmente. Un cambiamento da operare e che
si genererà semplicemente seguendoli a quel modo.
Annoto
volentieri i passaggi spontanei di questi
pensieri. È il mio cestino del pescato. E possono passare delle ore
prima che avverta stanchezza o noia per questa attività.
Mi rendo
conto che questo è uno dei modi – tra i miei preferiti – di vivere la
mia fiducia nella vita.
Non ho critiche a cui controbattere, non
ho obiezioni da affrontare. È semplicemente come raccontare ciò che
passa. E lasciarsene nutrire.
È sulla base di questo stesso
modello che cerco di vivere gli eventi oggettivi del tempo. Afferro
quello che mi passa tra le mani. Cerco di trovare il suo nutrimento e
gli do il tempo di offrirmelo. Con gentilezza.
Potrà il mio sogno procedere in avanti, verso la meta, con questo sistema?
Un po' come il pastore che lascia pascolare libere le sue pecorelle..
RispondiEliminaLasciale libere di scoprire nuove erbe di cui cibarsi