Troppo dolore, troppo grigio, troppa rinuncia sterile.
Troppe ore inutili, prive di senso.
Bisogna fare qualcosa per accendere il sorriso della vita.
Per attrarre energia innocente e giovane nel cuore.
Per guardare il mattino come una promessa che il tramonto avrà mantenuto.
Per aprire quella porta che imprigiona.
Perché i sogni entrino dalla finestra con il canto degli uccelli.
Perché la giornata sia piena di colore.
Penso al paradossale destino dell’uomo, questo essere effimero capace di creare cose che durano più di lui.
E penso che forse è un segno, questo, della sua vocazione a lavorare per la vita, oltre i propri recinti personali. E immagino che di qui derivi quella intensa soddisfazione che l'individuo prova quando allarga i rami del suo frutteto oltre la cinta dell’orto. Quando il suo albero produce frutti in abbondanza per chiunque passi sotto e ne voglia.
E penso che la vita sembra non vada a economia, non faccia i conti all'osso, e che butti a miglioni quando serve solo uno. E che il di più non è spreco ma abbondanza.
Commenti
Posta un commento