In realtà era per parlare. Perché apprezzavo molto le tua compagnia quando settimana si andava a fare una scampagnata, mangiando all’aperto, nel bosco o sulla riva del torrente. All’aperto era tutto più energico. La digestione e anche i nostri pensieri. Ci sentivamo esperti di tutto, pur sapendo di non conoscere nulla nella maniera che avremmo voluto. Ma le nostre parole, quelle che ci scambiavamo l’un l’altro, avevano un grande potere: ci inducevano a pensare.
Perché i pensieri non sono delle frasi incise sulla pietra. Sono momenti di un viaggio, di un cammino. Il pensiero vuole essere sempre vivo, vuole girare sulle cose con le sue capacità, e anche col senso dei sui limiti. E solo continuando a fare attenzione, a posarsi sui temi nei vari momenti della vita, solo così contribuisce alla vitalità del tutto.
E quelle discussioni non volevano scrivere una Bibbia. Volevano farci pensare. Pensare all’aperto. Che è molto diverso che pensare al chiuso, nel proprio studio, o nell’ambiente di lavoro.
Esci presto il mattino e lungo la strada ti avvii. Incendi le nuvole d’incanti, spalanchi voragini nell’umida terra che ti brama. Vibra l’aria d’intorno e in risonanza tremano i colli. Chi e dove accordò quello sguardo di fuoco in sintonia con le meccaniche celesti? Amo i tuoi passi sulle foglie che cantano. Un sortilegio, il profumo di muschio che ti segue.
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