Io vorrei rifiutare ogni dogma, ogni dottrina. Anche la più straordinaria sul piano spirituale. Perché sapere le cose prima, avere in tasca un’interpretazione per ogni evento – ed è quello che le dottrine consentono e suggeriscono – impedisce in qualche modo di vivere davvero.
Perché la vita vera è evento. È ciò che avviene. E ha la sua dimensione di sorpresa e di rischio. Che può andare a finire bene o male.
A cui ti puoi preparare sviluppando i muscoli e l’arguzia.
Ma ti prego: risparmiati un’interpretazione a priori.
Pensa che ci sono grandi opportunità dentro ciò che sta accadendo, ma ancora non le hai viste. Aguzza lo sguardo per cercarle.
Piangi e disperati finché non le vedi.
E semmai le intraveda, allora esulta.
E sarà come sentire la cresta dell’onda direttamente dentro di te, nel centro del cuore.
E tutto quello che sei e che ancora non è nato, incomincerà a prendere corpo.
Penso al paradossale destino dell’uomo, questo essere effimero capace di creare cose che durano più di lui.
E penso che forse è un segno, questo, della sua vocazione a lavorare per la vita, oltre i propri recinti personali. E immagino che di qui derivi quella intensa soddisfazione che l'individuo prova quando allarga i rami del suo frutteto oltre la cinta dell’orto. Quando il suo albero produce frutti in abbondanza per chiunque passi sotto e ne voglia.
E penso che la vita sembra non vada a economia, non faccia i conti all'osso, e che butti a miglioni quando serve solo uno. E che il di più non è spreco ma abbondanza.
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