Non cambierà, diceva la canzone. E lo ripeteva in maniera suadente. E parlava dello stivale dei maiali che affonda nel fango. Gli fa male vedere un uomo come un animale. Non cambierà, continuava a ripetere.
Ma poi: Sì che cambierà, vedrai che cambierà.
Si può sperare che il mondo torni a quote più normali. Che possa contemplare il cielo e i fiori, che non si parli più di dittatura.
Una volta mi bastava leggere tre quotidiani al giorno per avere la certezza, o quasi, di essere in contatto con la realtà. Oggi è piuttosto diverso. Sono disincantata. C’è tanta televisione, tanto internet, tante immagini. Nell’epoca ingenua le immagini dovevano mostrare la realtà, poi hanno finito per chiarire che mostravano innanzitutto se stesse. E forse è proprio quello che devono fare. Alla fine dobbiamo liberarci dall’idea che le immagini, ma anche le parole, mostrino qualcosa che si chiama realtà. Le nostre parole (e le nostre immagini) non mostrano: costruiscono la nostra realtà. La vecchia “realtà” è diventata “la cosa”. Ed è come se “la cosa” fosse lì, perennemente disponibile a mettersi in posa per noi. Apparentemente sotto la nostra direzione – poi è da vedere. “La cosa” è una miriade di comparse disponibili alla lavorazione del nostro film. Rovesciamento: non viviamo più nel mondo delle cose: tendiamo a vivere nel film costruito da noi. La realtà dunque non è ...
A volte è difficile crederlo, ma sarebbe ben peggio smettere di crederlo
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