Quando ero ragazzina, alle medie, erano i Poemi Omerici a disegnare gli scenari delle mie aspirazioni e di quelle dei miei compagni.
La madre di Achille gli faceva un discorso piuttosto esplicito e diretto: se non parti per la guerra, ti sposerai, avrai figli e loro ti daranno nipoti. Parleranno di te, certamente, e ricorderanno i tuoi gesti. Ma alla terza generazione già si dimenticherà il tuo nome e tu cadrai nel nulla. Se vai alla guerra, non ritornerai, non avrai figli e nipoti, ma le tue imprese faranno parlare di te per mille e mille anni!
Lo confesso che il richiamo della Gloria era molto forte su di me a quei tempi. E che mentre altri compagni preferivano l’umanità di Ettore alla fierezza spregiudicata e alla forza guerriera di Achille, i miei pensieri erano attratti irrimediabilmente da quest’ultimo.
La predizione della madre di Achille è stata confermata. Ancora oggi noi parliamo di lui e di Paride, di Priamo, di Ettore, di Elena, di Ulisse…
Forse era una faccenda da ragazzini. Ma il richiamo alla grandezza nella vita mi pare qualcosa che sfugge ai limiti di un’immaginazione necessariamente condizionata dai modelli che si hanno a disposizione. Andava oltre l’immaginabile e significava qualcosa di più profondo.
E certamente, allora, per noi, la grandezza non separava la fama dal valore. E non c’era ancora nemmeno quella sottile e insidiosa sensibilità moralistica che metteva in guardia contro la Vanità e che suggeriva di cercare una grandezza e un valore separati e perfino indifferenti alla fama e alla gloria.
Era qualcosa di originario e di innocente, che scaturiva – credo – dalla radice istintuale dell’essere venuti al mondo.
Quante vicissitudini ha attraversato quel desiderio di grandezza nel corso degli anni! Quante forme ha rivestito, quanti abiti si è messo addosso!
Con quanti fallimenti e con quante sfide ha fatto i conti! Ma anche a quante realizzazioni, e coronamenti d’imprese ha condotto, alimentando la perseveranza e il coraggio!
E ancora vive nel fuoco dell’anima.
Ancora impacciato e confuso nella soluzione degli interrogativi che suscita alla coscienza morale, ma ancora capace di sprigionare un potente richiamo che solleva la postura e gonfia il petto.
Me ne sono accorta visitando il paese della mia infanzia, i luoghi in cui ho vissuto bambina – mi ha riportato indietro. In un certo senso ricongiungendomi con il mistero giovane e fresco della vita che emerge, con quel poco di consapevolezza in più che mi ritrovo addosso ora.
Mi ha aiutato a spogliarmi almeno un po’ dalle incrostazioni e gli schemi che la cultura mi ha successivamente appiccicata addosso.
Ora so che quel desiderio è sano e buono. È il desiderio di grandezza, il desiderio di una vita piena e significativa. È energia vitale allo stato incoativo.
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