Oh sì, è meglio avere aperto le palpebre su questo scenario. E aver sentito tutto quello che hai sentito. E aver provato ad immaginare. E aver messo alla prova i propri talenti nell’interpretare le cose, e nel cercare con loro un’alleanza. È meglio averci provato a lasciare in eredità le tue piccole conquiste. E aver ricevuto in eredità un sacco di conquiste. E aver immaginato che i propri sforzi servissero a qualcosa. E aver guardato con curiosità e stupore negli occhi dei nostri figli. Ignari forse gli uni degli altri, ma comunque intrisi d’amore.
E aver pensato che forse siamo solo ai primi passi di qualcosa che appena si annuncia.
E aver accettato la pazienza. Anche l’attesa. E la transitorietà di ciò che ci sembrava valere un’eternità.
Da ragazzina credevo fosse più semplice. Ora è un po’ diverso. Ma è possibile recuperare l’innocenza. Ricominciare. Provare ancora a inventarsela la vita. A immaginarla come più piace. E fare come se…
Una volta mi bastava leggere tre quotidiani al giorno per avere la certezza, o quasi, di essere in contatto con la realtà. Oggi è piuttosto diverso. Sono disincantata. C’è tanta televisione, tanto internet, tante immagini. Nell’epoca ingenua le immagini dovevano mostrare la realtà, poi hanno finito per chiarire che mostravano innanzitutto se stesse. E forse è proprio quello che devono fare. Alla fine dobbiamo liberarci dall’idea che le immagini, ma anche le parole, mostrino qualcosa che si chiama realtà. Le nostre parole (e le nostre immagini) non mostrano: costruiscono la nostra realtà. La vecchia “realtà” è diventata “la cosa”. Ed è come se “la cosa” fosse lì, perennemente disponibile a mettersi in posa per noi. Apparentemente sotto la nostra direzione – poi è da vedere. “La cosa” è una miriade di comparse disponibili alla lavorazione del nostro film. Rovesciamento: non viviamo più nel mondo delle cose: tendiamo a vivere nel film costruito da noi. La realtà dunque non è ...
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