Oh sì, è meglio avere aperto le palpebre su questo scenario. E aver sentito tutto quello che hai sentito. E aver provato ad immaginare. E aver messo alla prova i propri talenti nell’interpretare le cose, e nel cercare con loro un’alleanza. È meglio averci provato a lasciare in eredità le tue piccole conquiste. E aver ricevuto in eredità un sacco di conquiste. E aver immaginato che i propri sforzi servissero a qualcosa. E aver guardato con curiosità e stupore negli occhi dei nostri figli. Ignari forse gli uni degli altri, ma comunque intrisi d’amore.
E aver pensato che forse siamo solo ai primi passi di qualcosa che appena si annuncia.
E aver accettato la pazienza. Anche l’attesa. E la transitorietà di ciò che ci sembrava valere un’eternità.
Da ragazzina credevo fosse più semplice. Ora è un po’ diverso. Ma è possibile recuperare l’innocenza. Ricominciare. Provare ancora a inventarsela la vita. A immaginarla come più piace. E fare come se…
Vieni, questa sera, con i tuoi piedini che suonano la tromba delle scale. Entra nell’abbraccio della mia casa. Aprirò la finestra e ti farò l’amore accarezzato dal vento delle stelle. Assaporerò i tuoi seni come pesche di vigna e le mie mani navigheranno sulle onde dell’oceano di dolcezza che tu sei. Cercherò le favole in mezzo ai tuoi capelli e respirerò la tua anima nel tuo respiro. Le mie reni sono sature di libidine di vita e le mani anelano a sollevare ogni velo. Tu sei la vita succulenta. E, benché ebbro, stordito e confuso dal nettare che trasuda la tua pelle, io sono io, pienamente consapevole, pieno, tondo, intenso e sano. E tu sei tu, lunare e luminosa.
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