Nutrire il sogno è un lavoro. Meraviglioso, appassionante, emozionante.
Una delle mie massime preferite è: se sei capace di immaginarlo, sei capace anche di realizzarlo.
Il sogno si nutre costruendo immagini che lo rappresentino, che lo dispieghino.
Lo si fa, spontaneamente, nelle fantasticherie.
Si può assumere la responsabilità attiva della fantasticheria.
Svilupparla come farebbe un regista fantasioso.
Il sogno, una volta innescato, cresce da solo. Come le opere d’arte nelle mani degli artisti.
E guida i tuoi gesti.
È il sogno che parla di te, che fa uscire all’aperto quello che sei nella ghianda. Il sogno è l’epifania della tua anima.
Penso al paradossale destino dell’uomo, questo essere effimero capace di creare cose che durano più di lui.
E penso che forse è un segno, questo, della sua vocazione a lavorare per la vita, oltre i propri recinti personali. E immagino che di qui derivi quella intensa soddisfazione che l'individuo prova quando allarga i rami del suo frutteto oltre la cinta dell’orto. Quando il suo albero produce frutti in abbondanza per chiunque passi sotto e ne voglia.
E penso che la vita sembra non vada a economia, non faccia i conti all'osso, e che butti a miglioni quando serve solo uno. E che il di più non è spreco ma abbondanza.
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