Immaginiamo che scoprissimo che un Dio ci stesse prendendo per il culo. Malgrado il nostro immenso desiderio di vita, siamo condannati a morte fin dalla nascita, i nostri sogni e desideri sono sempre mille miglia lontani rispetto alle condizioni reali, e la maggior parte di noi non ha neanche il minimo indispensabile per una sopravvivenza dignitosa…
In uno scenario del genere avremmo sempre la possibilità di cavarcela discretamente, se decidessimo tutti di imboccarci l’un l’altro, su tutti i piani di sogni e bi-sogni.
Le conclusioni sarebbero esattamente le stesse dettate dalla fede in un Dio dell’Amore che ci spronasse alla carità reciproca per entrare nel Regno dei Cieli.
Dunque?
Gandhi diceva che Dio viene all’affamato sotto forma di un pezzo di pane. Quel pezzo di pane qualcuno deve averglielo dato, all’affamato.
Possiamo immaginare che il Dio avviene esattamente in funzione di ciò che noi facciamo, per noi stessi e per gli altri?
Penso al paradossale destino dell’uomo, questo essere effimero capace di creare cose che durano più di lui.
E penso che forse è un segno, questo, della sua vocazione a lavorare per la vita, oltre i propri recinti personali. E immagino che di qui derivi quella intensa soddisfazione che l'individuo prova quando allarga i rami del suo frutteto oltre la cinta dell’orto. Quando il suo albero produce frutti in abbondanza per chiunque passi sotto e ne voglia.
E penso che la vita sembra non vada a economia, non faccia i conti all'osso, e che butti a miglioni quando serve solo uno. E che il di più non è spreco ma abbondanza.
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