Molte pene dell’anima nascono, si sviluppano e crescono alimentate dalla nostra stessa cura. La Montagna Incantata di Tomas Mann ci ha mostrato come la malattia sia suadente e piacevole. Però fa di noi degli esseri decadenti. A meno che non siamo gli scrittori che ne descrivono le volute.
Il fatto è che – come Leopardi e Shopenhauer – crediamo ancora che ad essere intelligenti si comincia a soffrire. Ci teniamo ancora stretti a quest’idea che ad essere consapevoli è inevitabile soffrire. Meglio sarebbe, come le pecore, brucare e dormire sotto la luna, senza sapere…
Ma non potremmo cambiare questo pre-giudizio? Non potremmo sostituire al corrente concetto d’intelligenza quello che prevede che è più intelligente chi riesce a star bene, ad essere felice piuttosto che avere ragione?
Penso al paradossale destino dell’uomo, questo essere effimero capace di creare cose che durano più di lui.
E penso che forse è un segno, questo, della sua vocazione a lavorare per la vita, oltre i propri recinti personali. E immagino che di qui derivi quella intensa soddisfazione che l'individuo prova quando allarga i rami del suo frutteto oltre la cinta dell’orto. Quando il suo albero produce frutti in abbondanza per chiunque passi sotto e ne voglia.
E penso che la vita sembra non vada a economia, non faccia i conti all'osso, e che butti a miglioni quando serve solo uno. E che il di più non è spreco ma abbondanza.
Si può stare bene ad essere geni o ad essere stupidi, il soffrire non è dato dall'essere più o meno inteligenti e non credo che stare bene sia solo sentire meno dolore. Stare bene è guardarsi intorno e vivere. E soprattutto vivere con gli altri perchè essere felici da soli è un'illusione, perfino una perdita di tempo.
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RispondiEliminaNo, purtroppo non è possibile, la consapevolezza stessa è fonte di paura, non tanto per la coscienza di essere fragili nei confronti della vita, o di essere realmente solo anche nel stare in mezzo alla gente. È proprio alla base di questo nostro essere che tutte le religioni hanno prosperato al mondo, proprio per quella paura di quell'ignoto che ci circonda, di cui siamo consapevoli ma che ci illudiamo di un dio benevolo che ci circonda, ci accudisca e nel bisogno si prende cura della nostra persona. Si, l'ignoranza è una brutta bestia ma ad essa v'è rimedio, il problema è la stupidità, quella proprio non ce modo di curarla.
Tu hai parlato di pregiudizio, purtroppo non è un pregiudizio ma un dato di fatto ma v'è un rimedio, a parte la religione che dovrebbe smaltire quelle paure che si generano dalla consapevolezza di sapere che oltre quello che vediamo dovrebbe esserci di più, c'è anche la conoscenza che possiamo acquisire di quello che non sappiamo cos'è in sé, e come ben sappiamo tutti, tutto ciò che si conosce non fa più paura perché si sa soprattutto come affrontarlo.