Mi figuro la città e gli spazi urbani, in una geografia rovesciata rispetto a ciò che percepisco di solito. Non già un’area urbanizzata in cui la natura è evocata da aree verdi, parchi e giardinetti… Al contrario la casa e la città come aiuole dentro la natura, che risultano dal modellamento dell’ambiente, ossequiando il richiamo della bellezza. Lo scenario si ribalta. Non un giardino attorno alla casa, ma la casa dentro un giardino. La “casa” più grande è la natura, insomma.
E mi vengono in mente le idee di Rousseau sulla capacità della natura di bonificare i guasti che la cosiddetta civiltà ha prodotto nell’animo, la capacità di ricongiungere il cuore con il grande respiro dell’universo, ritrovando una sorta di verginità.
Vieni, questa sera, con i tuoi piedini che suonano la tromba delle scale. Entra nell’abbraccio della mia casa. Aprirò la finestra e ti farò l’amore accarezzato dal vento delle stelle. Assaporerò i tuoi seni come pesche di vigna e le mie mani navigheranno sulle onde dell’oceano di dolcezza che tu sei. Cercherò le favole in mezzo ai tuoi capelli e respirerò la tua anima nel tuo respiro. Le mie reni sono sature di libidine di vita e le mani anelano a sollevare ogni velo. Tu sei la vita succulenta. E, benché ebbro, stordito e confuso dal nettare che trasuda la tua pelle, io sono io, pienamente consapevole, pieno, tondo, intenso e sano. E tu sei tu, lunare e luminosa.
Noi siamo parte dellatura, qualche volta ricordiamocelo.
RispondiEliminaBellissima!
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