A Henny piaceva l’azzurro di Grecia. L’aveva visto in un locale di una città del nord e se n’era innamorata. Non si era data pace finché la sua casa non aveva incorporato quel colore.
L’azzurro di Grecia la portava in un orizzonte più grande della vita. La faceva uscire, quasi d’incanto, dal recinto ormai angusto della sua dimora e della sua situazione.
Henny aveva riconosciuto in quell’azzurro non solo un segnale di ciò che desiderava, ma anche una strada da percorrere, una sorta di sacramento che realizzava ciò che era nell’intenzione.
Henny si era chiamata Giovanna, prima. Ma ora aveva cambiato nome. Il cambiamento di nome era come se fosse arrivata alla consapevolezza della sua anima. D’ora in poi sarebbe stata quello che prima soltanto sonnecchiava.
Penso al paradossale destino dell’uomo, questo essere effimero capace di creare cose che durano più di lui.
E penso che forse è un segno, questo, della sua vocazione a lavorare per la vita, oltre i propri recinti personali. E immagino che di qui derivi quella intensa soddisfazione che l'individuo prova quando allarga i rami del suo frutteto oltre la cinta dell’orto. Quando il suo albero produce frutti in abbondanza per chiunque passi sotto e ne voglia.
E penso che la vita sembra non vada a economia, non faccia i conti all'osso, e che butti a miglioni quando serve solo uno. E che il di più non è spreco ma abbondanza.
In effetti i colori posdono portare lontano se la fantasia li insegue
RispondiEliminaCi sono infiniti cieli azzurri...
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