C’è anche un altro Natale. Di quello voglio parlare.
È un piccolo Natale, rispetto a quello della religione e a quello della rinascita psicologica. Ma si attaglia molto bene alla vita quotidiana. E, forse, potrebbe significare molto più di quanto, ora, io non osi affermare.
Certo, è connesso con la storia di quella forma della cultura che ha il nome di Filosofia.
Mi voglio aiutare richiamando quella
che per me è l’interpretazione più interessante del significato
originario di Filosofia. Secondo questa interpretazione, il termine
usato dai filosofi greci per indicare la loro “professione” –
PHILO-SOPHIA – può essere tradotto più o meno come “aver cura di ciò che
si mostra nella luce”.
Infatti SOPHIA è il termine astratto
relativo a SAPHES, luminoso, ciò che sta nella luce. La filosofia è
dunque questo aver cura (amare) ciò che, uscendo dall’oscurità, viene
alla luce e si mostra, si rende visibile. Direi, più precisamente, aver
cura del mostrarsi stesso della cosa che viene alla luce. È del venire
alla luce della cosa, che la filosofia si prende cura.
Una conferma in tal senso si ritrova
nel termine greco che indica ciò che viene tradotto solitamente come
“verità” – e che è l’oggetto ambito della PHILO-SOPHIA. Questo termine è
A-LETHEIA, che significa più o meno non-nascondimento, o disvelamento.
La verità è, dunque, lo svelarsi, l’uscire fuori dal velo che la
nasconde, il venire alla luce della cosa che così si mostra.
L’espressione “venire alla luce” mi
piace moltissimo e nella nostra lingua significa contemporaneamente
“nascere” e rendersi visibile uscendo dal buio, appunto.
Socrate
diceva di se stesso, con un certo orgoglio, che era figlio di una
levatrice e che lui stava facendo per i pensieri quello che la madre
faceva per i bambini.
Ed ecco l’ultimo passo. La pratica dei
filosofi per prendersi cura del venire alla luce del senso delle cose
era il Logos, il pensiero che si sviluppa col discorso, tramite la
parola. L’arte del fare da levatrice ai pensieri si esprime nella
pratica accurata della parola.
Ecco, ora ci sono tutti gli
ingredienti per parlare sensatamente di questo piccolo Natale che
evocavo all’inizio: il Natale del senso.
La pratica del discorso, della parola,
per aiutare il venire alla luce il senso delle cose. Questo è per me è
filosofia, nella vita quotidiana.
Non la pretesa di mettere le mani
sulla Verità Incontrovertibile, sull’Essenza delle cose. Non la
costruzione di Sistemi Onnicomprensivi che presumano di imprigionare la
Verità dell’Universo.
Ma la quotidiana cura di far nascere (venire in
chiaro) il senso di quello che facciamo, che ci succede, che
desideriamo, che ci fa male, che ci solleva, che ci nutre, che alimenta
la nostra vitalità, e via discorrendo.
Accostare quotidianamente ciò che sta
nell’ombra, nell’oscurità, sperando che nella parola che pronuncio
mostri il suo volto, che si lasci vedere. Dare la parola al senso che
urge sotto la pelle delle cose.
Ed è questa piccola nascita – ma così
quotidiana – che voglio celebrare – insieme a quelle altre ben più
importanti – in questo Natale.
Che bel post.
RispondiEliminaAllora mi unisco anch'io:
auguroni a tutti i cercatori di luce.
Luce grande o piccola che sia, trovata o da trovare, ma l'importante è cercare
Maieutica, venire alla luce... si è vero ma se vogliamo, se vogliamo... ogni giorno è un piccolo Natale dentro di noi.
RispondiEliminaLa Parola sia con te e la tua Saggezza sempre... Buon Natale
RispondiEliminabellissima
RispondiElimina