Si sedettero sulla panchina, in silenzio. Odoravano l’aria di agosto. Il brusio pregno degli alberi del parco. Lo sguardo si liquefaceva, assorbito dallo spettacolo del firmamento. La luce delle stelle era un messaggio polifonico che proveniva, tutto insieme, da anni luce inegualmente distribuiti nella stratificazione del tempo. C’era da star zitti per sempre, a quello spettacolo.
Vieni, questa sera, con i tuoi piedini che suonano la tromba delle scale. Entra nell’abbraccio della mia casa. Aprirò la finestra e ti farò l’amore accarezzato dal vento delle stelle. Assaporerò i tuoi seni come pesche di vigna e le mie mani navigheranno sulle onde dell’oceano di dolcezza che tu sei. Cercherò le favole in mezzo ai tuoi capelli e respirerò la tua anima nel tuo respiro. Le mie reni sono sature di libidine di vita e le mani anelano a sollevare ogni velo. Tu sei la vita succulenta. E, benché ebbro, stordito e confuso dal nettare che trasuda la tua pelle, io sono io, pienamente consapevole, pieno, tondo, intenso e sano. E tu sei tu, lunare e luminosa.
A volte basta così poco...
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