Può essere che la scrittura abbia bisogno di maggiore compostezza di quanta me ne consenta l’esplosione appassionata di calore che si sta facendo spazio dentro.
Oppure,
potrebbe anche darsi che la passione aiuti a trovare la via di
un’espressione efficace e pertinente di ciò che all’inizio appare come
qualcosa di urgente da dire e vago al tempo stesso.
Quello che ho in
testa è una sorta di paradosso – a stare alle parole significative che
lo rappresentano. Le parole significative sono: calma e rapidità.
E
quello che vorrei esprimere è che c’è una me che adora la
lentezza, la calma, la passeggiata meditativa, la contemplazione, lo
stare a guardare, il gustare masticando adagio, il lasciarsi colmare e
portare dagli eventi piuttosto che spingerli in qualche direzione. Il
lento scorrere della meraviglia delle piccole cose che arricchiscono
perfino gli interstizi del tempo, i pori della pelle, la visione
laterale dell’occhio… come carezzare un corpo con
estrema lentezza ricettiva.
E nello stesso spazio esistenziale convive
un altra me che ama quella che si potrebbe chiamare la subitanea
intensità della vita. Quando le cose si succedono rapidamente e tu non
perdi una battuta, cogliendo d’istinto ogni opportunità e colpisci
giusto anche senza mirare. E ti sembra di cavalcare lucida e densa
d’emozione come una cascata, o un’onda grande, che scorre d’impeto, e su
cui rimani in perfetto equilibrio.
Ed è meraviglia nello sguardo che
la riflessione getta su di me. Quasi non trovassi nello specchio
l’immagine ferma e definita.
Come dicono in "sostiene pereira" siamo una congrega di anime
RispondiEliminaNon contraddirsi mai è impossibile ma se non succedesse che gusto ci sarebbe?
RispondiEliminaVola solo chi osa farlo
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