Naturale che ammiro i grandi eroi, quelli delle imprese eccezionali, dei grandi sforzi, della tenacia incrollabile. Da bambina ho letto Salgari, Kipling, Stevenson e tutti gli altri.
Ma un po’ per volta mi sono accorta che ho più talento per le piccole imprese quotidiane, quelle capaci di aprire le porte alla gioia, con quelle piccole conquiste su di sé che non militano sotto bandiere infiammate, ma che trasformano notevolmente la qualità dell’esistenza e dispongono l’animo a vedere la bellezza, conservare la meraviglia e coltivare la gentilezza.
Si può restare a bocca aperta di fronte allo spettacolo del mondo. E interrogarsi all’infinito con l’immaginazione su ciò che passa nella testa e nel cuore degli altri. E allora viene voglia di non toccare niente, di lasciar accadere, restando lì a guardare.
Penso al paradossale destino dell’uomo, questo essere effimero capace di creare cose che durano più di lui.
E penso che forse è un segno, questo, della sua vocazione a lavorare per la vita, oltre i propri recinti personali. E immagino che di qui derivi quella intensa soddisfazione che l'individuo prova quando allarga i rami del suo frutteto oltre la cinta dell’orto. Quando il suo albero produce frutti in abbondanza per chiunque passi sotto e ne voglia.
E penso che la vita sembra non vada a economia, non faccia i conti all'osso, e che butti a miglioni quando serve solo uno. E che il di più non è spreco ma abbondanza.
Foto molto belle complimenti.
RispondiEliminaMaurizio
finalmente primavera...
RispondiEliminaFiore tra i fiori... sbocci e porti la tu abellezza.
RispondiEliminaCome sempre fai incantare con la tua scrittura!!
RispondiEliminaSiamo tutti spettatori in questa vita, ma purtroppo molti si credono Dei.
RispondiEliminaBellissima come sempre
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