A otto anni io giocavo tutto il giorno. Qualsiasi cosa facessi era gioco. Immaginavo tutto quello che veniva da immaginare e tutto diventava altro. Un altro meraviglioso.
Meraviglioso soprattutto ora, che per giocare devo fare un certo sforzo. Meraviglioso perché ora vedo un albero e allora era una foresta sospesa tra paludi e cielo.
Ora io vedo una casa e mi ci vuole un certo sforzo per vedervi una nave, che viaggia nell’Oceano dell’Essere, alla ricerca del tesoro, eccitata da questa avventura.
Eppure, in un certo senso, sto ritornando a quello che facevo allora. Sto ritornando al gioco. Ho smesso di prendere così sul serio queste vicende umane. Abbandono volentieri i ragionamenti responsabili, consequenziali, che chiedono ad ogni passo una conferma oggettiva.
Dove ci si perde? Dove ci si ritrova?
Io mi ritrovo pienamente nel gioco, noncurante di tutti i richiami seri del mondo. E nasce un altro mondo. Migliore di quello che ci raccontano tutti i giorni.
Vieni, questa sera, con i tuoi piedini che suonano la tromba delle scale. Entra nell’abbraccio della mia casa. Aprirò la finestra e ti farò l’amore accarezzato dal vento delle stelle. Assaporerò i tuoi seni come pesche di vigna e le mie mani navigheranno sulle onde dell’oceano di dolcezza che tu sei. Cercherò le favole in mezzo ai tuoi capelli e respirerò la tua anima nel tuo respiro. Le mie reni sono sature di libidine di vita e le mani anelano a sollevare ogni velo. Tu sei la vita succulenta. E, benché ebbro, stordito e confuso dal nettare che trasuda la tua pelle, io sono io, pienamente consapevole, pieno, tondo, intenso e sano. E tu sei tu, lunare e luminosa.
Bello.
RispondiEliminaLa saggezza dell'insaggezza.
La fantasia al potere
Allora fatti trovare e cominciamo il gioco.
RispondiEliminati stavi allenando?
RispondiEliminache castello è?
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