A otto anni io giocavo tutto il giorno. Qualsiasi cosa facessi era gioco. Immaginavo tutto quello che veniva da immaginare e tutto diventava altro. Un altro meraviglioso.
Meraviglioso soprattutto ora, che per giocare devo fare un certo sforzo. Meraviglioso perché ora vedo un albero e allora era una foresta sospesa tra paludi e cielo.
Ora io vedo una casa e mi ci vuole un certo sforzo per vedervi una nave, che viaggia nell’Oceano dell’Essere, alla ricerca del tesoro, eccitata da questa avventura.
Eppure, in un certo senso, sto ritornando a quello che facevo allora. Sto ritornando al gioco. Ho smesso di prendere così sul serio queste vicende umane. Abbandono volentieri i ragionamenti responsabili, consequenziali, che chiedono ad ogni passo una conferma oggettiva.
Dove ci si perde? Dove ci si ritrova?
Io mi ritrovo pienamente nel gioco, noncurante di tutti i richiami seri del mondo. E nasce un altro mondo. Migliore di quello che ci raccontano tutti i giorni.
Esci presto il mattino e lungo la strada ti avvii. Incendi le nuvole d’incanti, spalanchi voragini nell’umida terra che ti brama. Vibra l’aria d’intorno e in risonanza tremano i colli. Chi e dove accordò quello sguardo di fuoco in sintonia con le meccaniche celesti? Amo i tuoi passi sulle foglie che cantano. Un sortilegio, il profumo di muschio che ti segue.
Bello.
RispondiEliminaLa saggezza dell'insaggezza.
La fantasia al potere
Allora fatti trovare e cominciamo il gioco.
RispondiEliminati stavi allenando?
RispondiEliminache castello è?
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