– Com’è bello essere vivi in questo novembre luminoso. Il vento ha spazzato l’aria con energia. E c’è una luce che non sai distinguere dove finisce l’anima e dove comincia il cielo.
Più o meno pensava cose del genere, Henry, mentre scendeva le scale. Ed era un respiro fantastico quello che sentiva aprirgli i polmoni.
– Ma chi cazzo me lo fa fare di arrovellarmi l’animo in questo modo? – più o meno.
E poi, d’improvviso: Ma con chi parlo quando parlo da solo?
Il marmo liscio delle scale lo riportava sulle Alpi Apuane. Chissà perché? Quello scenario tra cielo e mare, tutto fatto di bianco, che sembrava neve anche in estate.
E gli venne in mente Enrietta.
Ricordava perfettamente il pagliaio in cui si erano sdraiati. Enrietta, non te ne andare! Enrietta aveva sempre gli occhi umidi, anche quando rideva. Enrietta era una freccia puntata sull’Altrove. Ricordava bene quel pagliaio. E cosa doveva dire? Che era il gusto del suo corpo che gli era entrato dentro?
Certe donne hanno un gusto intenso. Lo si afferra prima ancora di parlare, o di fare…
Il gusto delle donne. Bah! Un gusto. Cosa doveva pensare? Il gusto di Enrietta? Non si trattava di quello.
Enrietta era una porta aperta per l’Altrove. Enrietta, con i suoi occhi umidi, era l’apertura verso l’Altrove. Come ho fatto a dimenticarti così presto, Enrietta? Tu parlavi già allora di esplorare ciò che ancora non si conosce, ma che ti appartiene nel desiderio.
Enrietta diceva spesso: non affogarti nel bicchiere del passato!
– Enrietta? Dove sarai adesso?
Poi vide uno scenario aprirglisi davanti.
Lui era un io con le bollicine.
Non un io e basta. Ma con le bollicine. Il che voleva dire che la sua quiete non era come l’acqua di uno stagno, ma come la corrente del fiume attorno ai dislivelli.
– Dove mi porti, Enrietta? In questa giornata di novembre. Dove mi porti?
E pensò: Se il mondo avesse la colonna sonora, tutto sarebbe diverso.
E pensò ai suoi esercizi sulla tastiera. Che cercava? Che sognava?
Tra una cosa e l’altra, non c’è tempo abbastanza per rendersene conto.
E allora rallentò. Rallentò molto. Per darsi il tempo di prendere coscienza. E più rallentava, più il disegno, il filo rosso, sembrava emergere dall’incoscienza.
– Ecco – pensò – ogni cosa che capita, ogni cosa che c’è… Tutto questo è buono. Tutto questo è vita. Giurò a se stesso che mai più avrebbe lottato contro ciò che c’è, contro ciò che avviene. La vita è più viva di quello che pensi – disse.
– Io sono un portatore sano di handicap – disse. E sembrava aver afferrato qualcosa d’importante.
Era bello scendere le scale in questa giornata di novembre piena di luce. Non sapevi decidere dove finiva l’anima e iniziava il cielo. Enrietta…
... è bellissimo!!! complimenti è bellissimo
RispondiEliminaQuale è il tuo gusto? Sai forse di pistacchio cresciuto sotto il vulcano, oppure di ciliegia maturata su basse colline, o di mela sbocciata tra alte e irraggiungibili montagne? Quale è il tuo gusto? Manca il pagliaio e non sei una Enrietta... forse sei tante Enrietta ed il pagliaio in fondo non serve. Dammi il tuo sapore, quello che preferisci.
RispondiEliminatra la foto e le tue parole, mi eprdo sempre in te!
RispondiEliminacolori del paradiso!
RispondiEliminabellissimi quei colori! voglio anch'io!!
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