Penso al paradossale destino dell’uomo, questo essere effimero capace di creare cose che durano più di lui.
E penso che forse è un segno, questo, della sua vocazione a lavorare per la vita, oltre i propri recinti personali. E immagino che di qui derivi quella intensa soddisfazione che l'individuo prova quando allarga i rami del suo frutteto oltre la cinta dell’orto. Quando il suo albero produce frutti in abbondanza per chiunque passi sotto e ne voglia.
E penso che la vita sembra non vada a economia, non faccia i conti all'osso, e che butti a miglioni quando serve solo uno. E che il di più non è spreco ma abbondanza.

Come un albero, portare frutto, rinnoivarsi ogni primavera. Foglie nuove... ed essere sempre se stessi.
RispondiEliminaI frutti li abbiamo dentro.
RispondiEliminaDentro al core,
dentro alla testa...
Dentro
Bellissima e buonissimi i cachi!!
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