Sì, a quell’ora lì, Ernst, di solito, parlava con Dio.
Beh, ad essere più corretti, si dovrebbe affermare che parlava a Dio. Dio, infatti, stava sempre zitto. Non riuscivi a tirargli fuori una parola che fosse una parola. Ma, di Dio, sappiamo niente e quindi ritorniamo ad Ernst.
Quella sera era quasi fine settembre.
Insomma, i primi
segnali dell’autunno, con un immenso rimpianto per l’estate… – perché
Ernst amava l’estate. Amava tutto dell’estate. Ma soprattutto, andare
vestito leggero e stare quasi sempre scalzo. Amava che l’essudorazione
traspirasse direttamente nell’aria, senza dover attraversare diversi
strati di vestiti. Amava l’acqua del fiume dove si bagnava per
rimescolare il sangue, e amava quel brulicare d’esistenze che osservava
nei campi e lungo i sentieri di campagna. E tutto il resto: il canto
delle cicale, i pomodori d’agosto, l’ombra delle pergole e il vino
bianco freddo… e le ragazze vestite appena di petali
colorati.
… Quella sera, Ernst parlava a Dio. E gli diceva:
Beh, vedi, è difficile avere a che fare con te.
Innanzi
tutto, hai sempre ragione. Cioè, non ci piove… Possiamo dire perché
questo? perché quello?, ma tu stai zitto e tiri dritto. Lo so, tu sei il
capo, ma in questo modo, scusa se mi permetto…
Hanno assicurato che
in principio era il Logos, cioè il Verbo, la Parola. Ma tu di spiccicare
due parole con me in un linguaggio schietto e comprensibile, per
carità, questo proprio non ti salta in mente.
Mi viene voglia, a volte,
di inviarti lassù, da qualche parte, dove diavolo (pardon) tu sia,
qualche corso di comunicazione, sai la Scuola di Palo Alto, e cose del
genere. Perché forse sei rimasto indietro… Sai? Anche Dio ha bisogno di
riciclarsi, insomma un bel master di outplacement…
Ma tu da quell’orecchio non ci senti.
No, guarda, non è per lamentarmi. Perché, a dire il vero, a me piace questa vita, e la mia avventura. E sono sorpreso di tutte le meraviglie che accadono e del fatto che i miei sogni si vanno realizzando, giorno dopo giorno, con un crescendo che a volte m’imbarazza, perché riesco a mala pena a digerire gli eventi… e la sorpresa.
Non è per lamentarmi. Io sto bene.
Però delle volte…
Insomma, quello che non capisco di te è il tuo silenzio.
Sei peggio di uno psicanalista lacaniano!
E
m’interrogo, anche, sul significato di questo tuo comportamento. Sai,
lo so che tu hai sempre ragione – anche se mi rompe – e, dunque, mi
dico: avrà le sue ragioni. E poi cerco d’immaginare.
Che non sia che,
in questo modo – voglio dire con tutto questo silenzio (proprio non mi
consideri!…) – tu l’hai studiata apposta perché noialtri ci sforzassimo da
fare da soli, e crescere, e diventare dei padreterno – in qualche modo –
anche noi?
Insomma, che sia un trucco, un espediente, che, alla
fine, risulta bene per noi? Che, altrimenti, ci metteremmo sotto la tua
gonna – beh, a dire il vero non so se Dio abbia una gonna, ma si fa per
dire – e non avremmo spinte a crescere?
Vedi? Cerco di darti ragione?
Ma dimmi tu se ti viene in mente di mandarmi un segnale, qualcosa che
mi dica a chiare lettere: bene, sei sulla pista giusta…
Era ormai il tempo delle prime avvisaglie d’autunno. Ernst parlava più o meno in questi termini con Dio – o meglio, a Dio, perché Dio rimaneva muto. Poi, finiva quasi sempre nello stesso modo.
Beh, diceva tra sé e
sé, meglio così. Stando zitto, Dio mi consente di pensarlo a modo mio.
E’ forse il dono più bello che una figura così ingombrante come lui
possa fare a noialtri mortali…
E detto questo, passava a lavare i piatti e riordinare la cucina.
Sempre ottimi post
RispondiEliminaComplimenti
Il mio abbraccio
Maurizio
Con le ninfee mi fai pensare a Monet... Ti dipingerei, se solo avessi un poco della sua arte.
RispondiEliminaNon so decidermi se Ernst sia un genio o un fessacchione, in ogni caso ha tantissimo da insegnarmi!
RispondiElimina😁
Bellissimo racconto
Mi hai tenuta incollata allo schermo !!! bravissima
RispondiEliminaUn bel racconto, forse Ernst riceveve più risposte di quelle che crede.
RispondiEliminache tenera che sei!
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