Vedevo mia madre guardare la televisione. S’immergeva in una di quelle
storie romantiche che a lei piacevano tanto. La vedevo, risucchiata dal
film, provare sentimenti, passioni, dolore e gioia. Alla fine del film
chiudeva la televisione e ritornava nella sua vita quotidiana, nella sua
realtà, di cui non era affatto felice, e che io immaginavo grigia.
Ero
un ragazzina stupida. Non conoscevo mia madre, lo spessore delle sue
decisioni, della sua pazienza, della sua sopportazione
sacrificale.
Vedevo questa scena della televisione e pensavo che non
fosse giusto.
Che non fosse giusto vivere intensamente nell’evasione di
un film, per ritornare, a trasmissione terminata, nella prosa della
quotidianità. Pensavo che si trattasse di una rinuncia.
Dicevo a me
stessa: io non voglio VEDERE storie. Voglio AVERE una storia.
Ero
stupida. Non vedevo che mia madre AVEVA la sua storia, drammatica e
coraggiosa. E non vedevo che io ero una delle ragioni di quella
storia.
Ma quel non voler VEDERE le storie della televisione o del
cinema ma AVERE la mia storia, costruire la mia storia, questo mi è
rimasto dentro per sempre e ha avuto un peso preponderante nelle
zigzaganti vicende della mia esistenza.
E ho sempre amato le persone che
prendono in mano la propria vita e si costruiscono una storia seguendo
ciò che amano.
Una malinconica storia con molta determinazione da parte tua di non vivere la vita come parte passiva.
RispondiEliminasempre tutto bellissimo: le parole, le foto, tu :)
RispondiElimina