Passa ai contenuti principali

Ognuno ha il suo gatto morto

Camminavo, come al solito, sulla solita strada. Abbasso gli occhi e vedo un gatto. Un gatto morto, probabilmente investito da qualche auto. Guardo quel gatto che ormai non è più un gatto: era morto da qualche ora, sotto il sole d’agosto, gonfio, con la pelle tesa, le prime mosche gli ronzavano intorno, alcune erano posate sugli occhi che non erano più occhi.
Ci ho pensato un attimo poi l’ho preso e l’ho gettato tra i cespugli, quanto più lontano possibile dalla strada.
Adesso, quando passo di lì, e ci passo almeno due volte al giorno, il vento porta alle mie narici quel tanfo di carogna: quando è più intenso, quando meno, quando non lo sento, quando lo percepisco appena. Tra un po’ non sentirò più nulla ma questo non mi impedirà certo di ricordare quel gatto chissà per quanto tempo.
E solo io so che tra i cespugli, poco più in là, c’è un gatto che ormai non è più un gatto, dove le mosche ed i vermi fatto banchetto, sotto questo sole d’agosto.

 

Commenti

  1. Alquanto inquietante, è strano e interessante il modo che hai di vedere le cose.

    RispondiElimina
  2. mi piace questo contrasto tra la foto soleggiata e la storia un po' macabra

    RispondiElimina
  3. mi piace questo contrasto tra la foto soleggiata e la storia un po' macabra

    RispondiElimina

Posta un commento

Post popolari in questo blog

Effimero e durevole

Penso al paradossale destino dell’uomo, questo essere effimero capace di creare cose che durano più di lui. 

 E penso che forse è un segno, questo, della sua vocazione a lavorare per la vita, oltre i propri recinti personali. E immagino che di qui derivi quella intensa soddisfazione che l'individuo prova quando allarga i rami del suo frutteto oltre la cinta dell’orto. Quando il suo albero produce frutti in abbondanza per chiunque passi sotto e ne voglia.  

E penso che la vita sembra non vada a economia, non faccia i conti all'osso, e che butti a miglioni quando serve solo uno.  E che il di più non è spreco ma abbondanza.       

Prendere corpo

E c'è stato un momento in cui ho deciso: "allora mi farò io da mamma! Nessuno può farlo meglio di me. Io conosco bene le mie esigenze!" 
Prendersi cura di sé è una scelta decisiva.
 Implica coraggio.
 Perché siamo stati educati ad un'etica dell'amore sacrificale.
 Ho scoperto che avevo questo potere.
Molte cose sono cambiate. Ma, soprattutto, la vita è diventata più dinamica, più avventurosa, più interessante.

Riflessioni sui campi di battaglia

Quanto tempo avrò ancora da vivere? I segnali del tempo che passa li sento anch’io. Ma che vuol dire? Forse che è ora di rassegnarsi a cosa? Un cavolo! Voglio essere viva quando viene l’ora. Voglio che tutte le mie energie – quelle che sono a mia disposizione – siano per  gustare la vita. Che è straordinariamente ricca. E mi piace che ci siano molte più cose in agitazione di quelle che io riesco a digerire. Questo senso straordinario che la vita è sempre troppo.         CUSTOSA Berto Barbarani Tra campi vignadi, la strada maestra se slonga, se slarga fra verdi de sesa, la riva del monte, la gira de là. Coi brassi incrosadi, così, a la finestra, mi vedo l’Ossario, Custosa, la ciesa e penso a le guere del tempo che è stà... Zò in corte do vache tacade al versòro, vien drento dai campi col muso a la stala; l’è l’ora de çena, del dolse dormir; ah forsi ste bestie sul bel del lavoro j-à verto ’na testa, j-à roto una spala, de veci soldadi, che stenta a...