Aveva una grande energia addosso e adorava la musica. Voleva che la gente ne potesse godere non solo nei concerti o nelle sale di audizione. Voleva che la musica circolasse per la città mentre le persone si recavano al lavoro, mentre andavano a passeggio o a fare la spesa. Sapeva che la musica fa bene, che smorza l’aggressività, commuove il cuore, aiuta a ritrovare la propria umanità.
Penso al paradossale destino dell’uomo, questo essere effimero capace di creare cose che durano più di lui.
E penso che forse è un segno, questo, della sua vocazione a lavorare per la vita, oltre i propri recinti personali. E immagino che di qui derivi quella intensa soddisfazione che l'individuo prova quando allarga i rami del suo frutteto oltre la cinta dell’orto. Quando il suo albero produce frutti in abbondanza per chiunque passi sotto e ne voglia.
E penso che la vita sembra non vada a economia, non faccia i conti all'osso, e che butti a miglioni quando serve solo uno. E che il di più non è spreco ma abbondanza.
L'arte come i sentimenti dovrebbe gironzolare libera, come i semi portati dal vento che fanno nascere piantine nuove in qualchedove lontano lontano
RispondiEliminaUna foto interessante. Però non ci credo che suoni la Ibanez.
RispondiElimina