Passa ai contenuti principali

Un'altra me

Questa mattina mi sono lasciata andare. Ho dormito fino alle dieci. Da un po’ non accadeva. Ieri notte credo di essermi addormentata intorno alle cinque. Volevo finire il libro che stavo leggendo. In verità non l’ho finito, il sonno ha avuto la meglio: mancavano poche pagine alla fine, quattro, cinque, ma gli occhi non reggevano ed ho perso i sensi.
Quanto mi piace addormentarmi contro la mia volontà, in particolare mentre sto leggendo o guardando un film. La sensazione di essere posseduta da qualcosa di enorme, di grandissimo, da qualcosa di incontrollabile che mi vuole rapire per portarmi via, in un posto che non conosco, che non conoscerò mai. E nonostante tutto non ho paura perché so che in qualche modo ritornerò qui dentro di me. Ed io lotto, so che cederò, è inevitabile, ma lotto, riga dopo riga, scena dopo scena, torno indietro, riprendo il filo, il buio mi pervade, mi sommerge, cerco di galleggiare, annaspo sulla superficie affannosamente, riemergo, affondo, mi cadono le braccia, perdo il controllo e poi vengo risucchiata da un vortice impetuoso e nero, ruoto, ruoto, ruoto e sparisco.

Io non sogno quasi mai, o almeno non ricordo ciò che sogno.
In un racconto di Borges ho letto che nello stesso istante in cui ci addormentiamo qui, ci svegliamo da un’altra parte, quindi ogni uomo è due uomini. Per quanto mi riguarda ho il sospetto che sia profondamente vero. Altrimenti non mi spiego perché io non sogni quasi mai: un’altra me vive da un’altra parte, non so dove, ma ne sono convinta. Poi, non appena mi sveglio lei si addormenta. E così via. Forse quando morirò – o moriremo (?) – ci incontreremo.

Adesso sono sveglia. Bevo acqua. Prendo la bottiglia in mano, mi riempio la bocca per quanto è possibile, trattengo l’acqua qualche secondo tra le guance gonfie cercando di percepirne il sapore e poi deglutisco. Rilasso i muscoli,
spingo delicatamente con la lingua l’acqua contro il palato, la faringe fa il suo lavoro, la sento scivolare lentamente nell’esofago e poi giù giù nello stomaco.





Commenti

  1. Difficilmente intervengo se non vengo prima interpellato. Le poche volte che lo faccio di mia iniziativa è quando c'è qualcosa sul quale è doveroso rispondere, oppure, nel tuo caso, quando c'è qualcosa di sublime. Hai saputo descrivere un tuo stato interno con alta perizia introspettiva e di auto empatia e poi sei riuscita a trasmetterlo a noi lettori con una capacità narrativa trascinante e toccante di alto livello, meritevole di pubblicazione.

    PS: La viaggiatrice, studiosa di religioni orientali e fra le prime esploratrici del Tibet, Alexandra David Neel scriveva in un suo libro che lessi, se non mi sbaglio, dell'effettiva esistenza di un nostro doppio che sovente a nostra insaputa si separa fisicamente da noi. https://it.m.wikipedia.org/wiki/Alexandra_David-Néel

    RispondiElimina
  2. Hai proprio ragione !!!! Bellissima sensazione, che crea in noi una sensazione di solievo e di pace.... (almeno per me)

    RispondiElimina

Posta un commento

Post popolari in questo blog

Effimero e durevole

Penso al paradossale destino dell’uomo, questo essere effimero capace di creare cose che durano più di lui. 

 E penso che forse è un segno, questo, della sua vocazione a lavorare per la vita, oltre i propri recinti personali. E immagino che di qui derivi quella intensa soddisfazione che l'individuo prova quando allarga i rami del suo frutteto oltre la cinta dell’orto. Quando il suo albero produce frutti in abbondanza per chiunque passi sotto e ne voglia.  

E penso che la vita sembra non vada a economia, non faccia i conti all'osso, e che butti a miglioni quando serve solo uno.  E che il di più non è spreco ma abbondanza.       

Prendere corpo

E c'è stato un momento in cui ho deciso: "allora mi farò io da mamma! Nessuno può farlo meglio di me. Io conosco bene le mie esigenze!" 
Prendersi cura di sé è una scelta decisiva.
 Implica coraggio.
 Perché siamo stati educati ad un'etica dell'amore sacrificale.
 Ho scoperto che avevo questo potere.
Molte cose sono cambiate. Ma, soprattutto, la vita è diventata più dinamica, più avventurosa, più interessante.

Riflessioni sui campi di battaglia

Quanto tempo avrò ancora da vivere? I segnali del tempo che passa li sento anch’io. Ma che vuol dire? Forse che è ora di rassegnarsi a cosa? Un cavolo! Voglio essere viva quando viene l’ora. Voglio che tutte le mie energie – quelle che sono a mia disposizione – siano per  gustare la vita. Che è straordinariamente ricca. E mi piace che ci siano molte più cose in agitazione di quelle che io riesco a digerire. Questo senso straordinario che la vita è sempre troppo.         CUSTOSA Berto Barbarani Tra campi vignadi, la strada maestra se slonga, se slarga fra verdi de sesa, la riva del monte, la gira de là. Coi brassi incrosadi, così, a la finestra, mi vedo l’Ossario, Custosa, la ciesa e penso a le guere del tempo che è stà... Zò in corte do vache tacade al versòro, vien drento dai campi col muso a la stala; l’è l’ora de çena, del dolse dormir; ah forsi ste bestie sul bel del lavoro j-à verto ’na testa, j-à roto una spala, de veci soldadi, che stenta a...