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Il previsto e l’imprevisto

Mi viene in mente il Dialogo di un Venditore di almanacchi e di un Passeggere di Giacomo Leopardi.
Il Passeggere chiede al Venditore a quale anno del passato vorrebbe che il nuovo anno somigliasse e il venditore non riesce a trovarne uno abbastanza felice da desiderare che l’anno nuovo gli somigli.
Arrivano a concordare che ciò che si desidera è un anno di cui si sa niente, un anno a caso. Anche se – considera il Passeggere – il caso non ha trattato molto bene nessuno fino ad ora, e prosegue:

Passeggere. …Quella vita ch’è una cosa bella, non è la vita che si conosce, ma quella che non si conosce; non la vita passata, ma la futura. Coll’anno nuovo, il caso incomincerà a trattar bene voi e me e tutti gli altri, e si principierà la vita felice. Non è vero?
Venditore. Speriamo.
Il grande Leopardi!
Arrivo anch’io a preferire una “vita a caso” anche se ho una considerazione migliore del mio passato.
Non vorrei io nemmeno ripetere alcuno degli anni passati. Non perché non siano stati felici, ma perché anch’io preferisco un anno di cui ancora so niente e che è tutto da inventare, giocando con il caso e affidandosi a una buona stella.
Non è l’avventura che rende la vita interessante?



Commenti

  1. Già è incredibile che l'ultimo dell'anno ti venga in mente Leopardi e non le feste imbrillantinate e goderecce.

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