La mente ritorna sul desiderio di non appiattire nel mio piccolo (importantissimo) presente la complessità misteriosa dell’esistere, del mondo, della storia, della tecnologia, della cultura, dei millenni e millenni, milioni e miliardi di anni di un’evoluzione che siamo riusciti a disegnare solo a grandi tratti. E delle eterne battaglie tra Bene e Male, semmai sia in questo modo che si debbano leggere le vicende della storia…
Penso al paradossale destino dell’uomo, questo essere effimero capace di creare cose che durano più di lui.
E penso che forse è un segno, questo, della sua vocazione a lavorare per la vita, oltre i propri recinti personali. E immagino che di qui derivi quella intensa soddisfazione che l'individuo prova quando allarga i rami del suo frutteto oltre la cinta dell’orto. Quando il suo albero produce frutti in abbondanza per chiunque passi sotto e ne voglia.
E penso che la vita sembra non vada a economia, non faccia i conti all'osso, e che butti a miglioni quando serve solo uno. E che il di più non è spreco ma abbondanza.
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