Questa gioia d’incominciare la giornata, al risveglio.
Il piacere della mia casa vascello per navigare l’oceano dell’essere.
Un cielo terso, fuori che promette sole e aria fresca.
Continuo a lavorare al miglioramento di me. Alla creazione di me. Mi servo di questa sorta di specchio che si crea nella riflessione.
È lavorando su di me che incontro gli altri più a fondo.
La comunicazione è come muovere le gambe seduti ai bordi della stessa vasca: immersi nel medium che ci collega.
È quello che sono che arriverà agli altri, non quello che recito. Spalancherò gli occhi per vedere la bellezza negli altri, per nutrirmi e godere la vita.
Non credo più da tempo nella critica costruttiva. È avvenuto da sé.
Preferisco il lavoro di produzione di proposte, alternative, nuove interpretazioni, idee...
In questa prospettiva scoprire la realtà è un po' inventarla.
Penso al paradossale destino dell’uomo, questo essere effimero capace di creare cose che durano più di lui.
E penso che forse è un segno, questo, della sua vocazione a lavorare per la vita, oltre i propri recinti personali. E immagino che di qui derivi quella intensa soddisfazione che l'individuo prova quando allarga i rami del suo frutteto oltre la cinta dell’orto. Quando il suo albero produce frutti in abbondanza per chiunque passi sotto e ne voglia.
E penso che la vita sembra non vada a economia, non faccia i conti all'osso, e che butti a miglioni quando serve solo uno. E che il di più non è spreco ma abbondanza.
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