Penso al paradossale destino dell’uomo, questo essere effimero capace di creare cose che durano più di lui.
E penso che forse è un segno, questo, della sua vocazione a lavorare per la vita, oltre i propri recinti personali. E immagino che di qui derivi quella intensa soddisfazione che l'individuo prova quando allarga i rami del suo frutteto oltre la cinta dell’orto. Quando il suo albero produce frutti in abbondanza per chiunque passi sotto e ne voglia.
E penso che la vita sembra non vada a economia, non faccia i conti all'osso, e che butti a miglioni quando serve solo uno. E che il di più non è spreco ma abbondanza.
Mi pare di buon senso, poesia. Niente di più, nienre di meno
RispondiEliminaLa poesia è il confine delle nostre sensazioni, di quanto di più intimo e vero è dentro noi. Conoscere il nostro confine e raccontarlo a chi si ama o a chi può capire, è fare poesia.
RispondiEliminadi solito chi si accontenta dei propri confini ha una mentalità ristretta!!!
RispondiEliminaMai accontentarsi dei propri confini :) Buona serata
RispondiEliminaSe questo mondo è infinito, perché noi dovremmo avere dei limiti?
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