Noi
ci parlavamo, ancora, la sera, affacciati alla finestra, sui giardini
del quartiere, mentre la città trapassava dal tempo del lavoro e quello
della casa. E tu dicevi spesso che non c’era tempo, nella giornata, per
pensare a se stessi, alla propria vita, ai sogni, ai desideri… eri
sempre preso da una qualche forma di compito che ti derivava dalla
situazione.
E mi dicevi: ma tu, ma tu, dove?
E rimanevi così, a guardare dietro le mie spalle. E scuotevi il capo, e ripetevi: dove?
All’inizio lo specchio era solo uno specchio. Ma aveva già tutto il mistero e il potere dello specchio. Guardarsi allo specchio non andava senza conseguenze. Il mito di Narciso ne è la testimonianza. Lo specchio poteva servire per controllarsi, per un esame di coscienza, per correggersi, per un sano amor proprio… oppure poteva produrre quell’incanto, quella malia che l’innamoramento della propria immagine mette in scena e che può portare a smarrire se stessi, la realtà e a inquinare i rapporti con il mondo e le persone.
Lo sapessimo dove... Potremo andare.
RispondiEliminaA volte siamo talmente presi dalle responsabilità dei nostri doveri quotidiani che ci dimentichiamo il nostro dovere di vivere.
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